“Siamo ai titoli di coda”, gridavano i lavoratori del cinema nella recente manifestazione a Roma e a Bari, in cui si chiedevano maggiori diritti.
Oggi, però, con grande preoccupazione, dico che il rullo dei titoli di coda si è esaurito lasciandoci solo un film dall’amaro epilogo, insomma un “disaster movie” senza lieto fine.

E’ la prima volta che scrivo una riflessione, un comunicato, che riguarda contemporaneamente l’agire politico e la mia personale condizione di lavoratore e di maestranza nell’industria cinematografica.

Cercherò, quindi, di essere chiaro.

Oggi, il Ministro della Cultura ed il Ministro dell’Economia e delle Finanze hanno firmato il decreto Interministeriale del 10 luglio 2024 rep. 225 riguardante il “tax credit”.

Con questa firma, di fatto, è stata emessa una condanna per le decine di migliaia di maestranze e aziende che lavorano nel settore dell’audiovisivo e del cinema, ed ora devono affrontare disoccupazione, precarietà e fallimento.

Non solo, con questa scelta politica, il governo Meloni, ha decretato la morte della cultura, del cinema italiano, del cinema libero, del libero pensiero, della libertà di espressione.

Alla prima lettura, il decreto firmato, sembra essere scritto da gente incompetente e non del settore, se così non fosse non si spiegano i requisiti molto stringenti e surreali, chiesti alle società cinematografiche per poter usufruire delle agevolazione.
E infatti, gli unici a beneficiarne saranno pochissime società, soprattutto straniere.

No, il decreto non è stato scritto da gente incompetente, al contrario è frutto di un preciso piano politico del “governo meloni” dal suo sapore “autarchico” ma più subdolo e più pericoloso rispetto a quello del ventennio che fu.

Lo spirito “autarchico” non si basa sull’auto sufficienza all’interno dei confini “patriottici”, parola simpaticamente inserita, in questo decreto, come uno dei requisiti principali per le sceneggiature ammesse all’agevolazione.

No, il sapore “autarchico” è profondo e subdolo e lo si percepisce quando capisci che si vuole necessariamente tutelare altri confini, cioè la propria cerchia di “amici”, stranieri o italiani che siano, creando una sorta di oligarchia nel settore, in stile loggia P2 degli “anni venti ventiquattro”.

Adesso cosa accadrà?
Penso all’art. 4 della Costituzione Italiana tanto citato dal governo, al contrario lo scopo è sempre stato quello di difendere solo le aziende inquinanti ed i loro profitti (vedi siderurgico a Taranto).

La maggior parte dell’aziende che operano nel cinema e nell’audiovisivo chiuderanno.
Per i già precari lavoratori e maestranze (“grazie al sistema occupazionale mai messo in ordine e mai tutelato), non ci sarà più lavoro.

Per non parlare di tutto l’indotto, quelle aziende che forniscono logistica, attrezzatura, location, servizi e strutture ricettive….

anche per loro non ci sarà futuro.

La cultura, la libertà di scrittura e di pensiero, sono anch’essi temi ecologisti e noi di Europa Verde-Verdi non possiamo che solidarizzare con tutti i lavoratori, le maestranze e gli operatori economici dell’audiovisivo e del cinema che in questo momento, e d’ora in poi, dovranno difendere i loro diritti.

 

Da portavoce provinciale per Taranto di Europa Verde-Verdi penso alle tante battaglie ecologiste portate avanti, penso alle vittorie conquistate e agli anni trascorsi a cercar di far crescere nei cittadini quel senso ecologista troppo difficile da far comprendere: oggi, ancora una volta, siamo pronti a difendere la dignità umana e la cultura.

Gregorio Mariggiò –
Portavoce provinciale di Taranto Europa Verde-Verdi

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