Si dirà: anche il Manzoni in soffitta? A parte che per noi soffitta non vuol dire libri dimenticati, il Manzoni lo ricordiamo perché qualcuno amerebbe toglierlo dalla scuola per relegare il Maestro in un museo. Altro che soffitta!

Leggo in un forum un post che parte da questa domanda: “ma perché nelle scuole si studia sempre questo libro?”

E giù affermazioni del tipo: “la solita minestra trita e ritrita che blocca la fantasia dei ragazzi e non vanno al di là del loro naso, quando abbiamo scrittori contemporanei con storie vere, atroci, guerre e malattie, nucleare, educazione civica e fantasia, modi di vivere altrui, usi e costumi di altri popoli…”

Secondo questo giudizio sommario, a scuola i ragazzi dovrebbero cancellare i classici, Dante compreso, le lingue morte e partire dal presente, ‘scurdammoce ‘o passato… (paisà)’.

Quando è dimostrato, da molti decenni di didattica, che lo studio del classico è speculare del nostro mondo attuale, siamo quello che fummo, la storia è il motore del futuro.

Il passato ci aiuta a comprendere meglio l’attualità. Non si rammenta – chi scrive quel post – che nei temi di italiano spesso si assume una frase di un classico classico per dimostrare il presente?

La ignavia di Don Abbondio non la troviamo ancora oggi soprattutto in politica? E il femminicidio non trae spunto dalle bravate di Don Rodrigo?

E i bravi mafiosetti non sono collegabili alla cronaca attuale? E si potrebbe continuare parola per parola.

Se non fosse attualismo, il libro di oggi, non ci sarebbe stato l’attacco di Bossi del 2012 che definisce Manzoni: “Canaglia che ha unito l’Italia, la sua opera è un mattone”  sul Giornale  c’è questa esilarante cazzata.

Come si noterà allora, la presenza di questo libro nella soffitta è a guisa di difesa dalla stupidità del presente. Tutela delle sinapsi e della cultura insieme. Una terapia.

Alessandro Manzoni fu il nipotino di Cesare Beccaria, martedi il nonno materno e  giovedi  il nipote. La stessa madre Giulia Beccaria fu una donna di grande cultura e sensibilità letteraria.

Se c’è una cosa che ci viene naturale rimarcare, qualcosa che nausea il padano Bossi, è che davvero per il Nostro autore, i “Promessi Sposi” sono l’opera che lui risciacquò in Arno volendo assumere che
quella era la prima vera opera frutto totale della lingua italiana.

Questo è anche uno dei motivi per cui, nelle lezioni della lingua italiana, ogni docente presenta Manzoni come artefice della costruzione della lingua nazionale, non a caso fu socio dell’Accademia della Crusca.

Ognuno di noi deve al maestro tanto, ogni rigo che scriviamo, nella nostra povertà di scrivani, è legato alla sua grande lezione.

Un’opera che non deve morire, nonostante la devastante idiozia che pervade il presente. Il 7 novembre del 1628, è una data che comunque la scriviate è legata a Don Abbondio, al suo rientro. Da li parte la storia. Qui ci fermiamo noi onorando il maestro.

Se non avete più il libro scaricatelo e mettetelo nella libreria digitale dell vostro pc o lettore 

LA RETE

Ragazzi si cimentano in un video racconto dei promessi sposi in dieci minuti

I promessi sposi di Alessandro Manzoni – 1969 – con Giancarlo Sbragia ,Nino Castelnuovo ,Paola Pitagora, Versione integrale dello sceneggiato classico, più letterale e di grande teatro.

YouTube player

su Raiplay  versione integrale di Salvatore Nocita del 1989 con Alberto Sordi nella parte di Don Abbondio

https://www.raiplay.it/programmi/ipromessisposi1989

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