Il cantautore Fabrizio Festa ci accoglie con la sua consueta passione e autenticità, pronto a condividere i retroscena del suo ultimo lavoro, “La vita di notte“. Nel corso di questa intervista in esclusiva per Corriere Nazionale, l’artista ci conduce attraverso il processo creativo che ha dato vita al brano, nato durante le notti estive in Salento. Senza svelare troppo, scopriamo come il cantautore sia riuscito a catturare l’essenza di questa terra generosa, traducendola in musica con cura e dedizione. 

Com’è stato il processo creativo dietro “La vita di notte”? Puoi descrivere come hai sviluppato l’idea iniziale fino alla produzione finale?

Da qualche anno trascorrevo i mesi estivi in Salento. Una notte, nel giardino della casa che avevo affittato, mentre sorseggiavo un po’ di rum e fumavo un sigaro, mi sono venute in mente le parole e la melodia della canzone. Sicuramente, era il frutto di tante sere e notti vissute in quella terra così densa e intensa di profumi, luci, colori, calore e generosità umana, dove la formalità non esiste, ma solo la voglia di vivere pienamente e con spontaneità. Per non dimenticare il brano, mi sono appuntato le idee su un block notes e sullo smartphone, cosa che faccio sempre quando mi vengono in mente nuove idee. Qualche mese dopo, tornato in studio di registrazione a Roma, ho musicato la canzone e realizzato la pre-produzione. Ho poi contattato i musicisti che stimo e che hanno eseguito le idee sviluppate negli arrangiamenti, aggiungendo il loro ingegno e la loro professionalità, come nei due assoli di chitarra di Giacomo Castellano. Posso dire che, tra gli ultimi progetti usciti, questo è il primo in cui il colore musicale è esattamente come lo immaginavo, proprio perché ci ho lavorato minuziosamente in prima persona, passo dopo passo. Avevo appena finito di sistemare il mio studio di registrazione, il che ha facilitato tutto il processo. Sono molto soddisfatto del risultato degli arrangiamenti, così come della finalizzazione del missaggio e del mastering, effettuati da Lorenzo Moka Tommasini. Ovviamente, sono convinto anche della qualità della scrittura.

Questo brano è stato scritto in Puglia. Il Salento ti ha ispirato altre canzoni?

Fino ad oggi, ho avuto la fortuna di scrivere ovunque mi trovassi. Sì, posso dire che in Salento ho scritto altre canzoni. Adoro il mare; dopo il palco e la musica, è la mia seconda casa. Chissà se tornerò a pubblicare un intero album, magari con le altre canzoni scritte in Puglia. Per ora, visto l’andamento del mercato e le preferenze del pubblico, preferisco concentrarmi su una canzone alla volta, inclusa la realizzazione del videoclip, al quale do la stessa importanza.

Sei noto per il tuo approccio autentico alla musica. Come riesci a mantenere la tua autenticità in un’industria che a volte può essere superficiale? 

Mi sono sempre chiesto come si possa fare arte senza manifestare realmente se stessi. Se l’arte è quel “magma” emotivo che vulcanicamente emerge dal proprio io più profondo, non può essere altrimenti. C’è stato un momento, durante l’adolescenza, in cui mi sono guardato allo specchio e mi sono chiesto: “Cosa vuoi fare da grande? Cosa vuoi comunicare agli altri con la musica?” La risposta è stata: “Essere me stesso, così come sono, senza sovrastrutture, senza finzione.” Avrei potuto percorrere scorciatoie fatte di furbizia e ammiccamenti, seguendo i gusti e le mode del momento per avere un rapido successo con l’ascoltatore, ma non è nella mia natura. Sebbene abbia sempre collaborato con prestigiosi professionisti del settore, ho mantenuto fede alla mia indipendenza artistica, pubblicando solo ciò che reputavo riuscito e giusto in quel momento. Guardando al modo in cui va oggi il mondo discografico, penso di non aver sbagliato. Alcuni hanno scelto strade “facili” e “superficiali”, ma sono rapidamente scomparsi dai radar. Anche chi ancora fa musica ma, spesso, non gode più della stessa credibilità e attenzione da parte del pubblico. Io, invece, mi trovo in una fase artistica in cui il pubblico è curioso di vedere cosa tirerò fuori dal cilindro, grazie alla mia coerenza. Non mi sono mai venduto, né ho fatto “l’animatore turistico” in musica. Se guardiamo a TikTok e ai social, vediamo molte persone che, per ottenere qualche “like”, hanno cambiato non solo il loro comportamento, ma hanno anche dimenticato di essere se stesse. E non esagero quando dico che viviamo in un vuoto assoluto, dove non c’è spazio per un pensiero lucido o una riflessione. L’analfabetismo funzionale, per esempio, è sintomatico del tempo in cui viviamo e si riflette in quella “superficialità” di cui parliamo.

 Nella tua carriera, hai vissuto in diverse regioni d’Italia. C’è una differenza nel pubblico o nel modo in cui la musica è percepita nelle varie parti del paese?

Domanda difficile, ma allo stesso tempo facile da rispondere. Se sei un comunicatore, se sei naturalmente empatico, se scrivi canzoni che emozionano, non esistono differenze. La forza della musica è davvero straordinaria in tal senso. Cancella ogni muro di pregiudizi, ogni mentalità e cultura sociale del luogo, neutralizza ogni giudizio. L’onda emozionale è uguale per tutti. Anche i più timidi e introversi, se si emozionano con le canzoni, possono entrare in confidenzialità inaspettate. Mi è capitato spesso, dal Veneto alla Puglia, da Nord a Sud dell’Italia, che dopo un concerto ci fosse sempre qualcuno desideroso di comunicarmi quello che aveva provato ascoltandomi. Nella dimensione musicale, la gente si racconta immediatamente. La magia della musica è tale. C’è una chiave che apre ogni porta socio-culturale, ed è quella dell’emozione musicale. Il calore l’ho riscontrato ovunque.

Sei stato influenzato da molti artisti internazionali. C’è un genere musicale che non hai ancora esplorato ma che ti piacerebbe integrare nelle tue future produzioni?

Non avendo pregiudizi sui generi musicali, dove per me esiste solo un divisorio tra le belle canzoni e quelle “meno riuscite”, mi sono spesso cimentato a scrivere in vari “colori” ed espressioni musicali. In passato, ho sperimentato fusioni di genere tra dance, pop, elettropop, fino ad arrivare al sound “acido” dei Prodigy. Una mia vecchia canzone si intitola “Elettroshock”, dove nel testo scrivo “Amantide che beve Stock, Ostetrica che succhia pop”, a dimostrazione delle mie visioni “acide”. Ho scritto davvero molto in questi anni e molte canzoni sono ancora inedite nel cassetto. C’è di tutto, dalla bossanova cantata in italiano al rock alternativo, sempre con testi in italiano, più vicino agli Afterhours. Spero di avere l’opportunità, anche da parte del settore discografico, di maggiore spazio e tempo per pubblicarle tutte

 Oltre alla musica e alla scrittura, hai altri interessi o passioni che ti aiutano a esprimere la tua creatività?

 La musica e la scrittura, anche letteraria, occupano una parte molto intensa della mia vita. Credo che, se sei un creativo, ogni azione quotidiana rientri nella tua scrittura. Da un anno, ho ripreso a fare sport quotidianamente. Amo il mare e passeggiare sul lungomare con la mia cagnolina Beagle, Regina, che è come una figlia. Anche in quei momenti, ogni tanto nascono nuove canzoni. Amo leggere libri di ogni genere, dai romanzi alla saggistica. Mi interessano la filosofia, la spiritualità, la religione e la psicologia. Jung e Rudolf Steiner, con la sua antroposofia, mi affascinano particolarmente. Ho un interesse costante per l’emozione umana. Anche se oggi viviamo in un’epoca dominata dalla virtualità, non mi sono arreso. Spero sempre che una chiacchierata reale, fisica, con un amico o un’amica, davanti a un buon bicchiere di vino (altra mia passione), possa alimentare di pienezza la vita.

 

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