Il conflitto russo-ucraino e quello in medio oriente hanno già avuto un grande impatto riportando al centro alcuni termini che non si sentivano da più di 70 anni. Razionamento energetico, riconversione economica, inflazione. Economia di guerra è l’adeguamento di un intero sistema produttivo nazionale allo sforzo bellico; essa trasforma completamente l’organizzazione di uno stato. Quanto meno siamo vicini a quella che viene definita un’economia delle scorte e pochi sanno che Italia ha delle ingenti -e così dette- riserve di guerra.
Il problema è che tutto ciò va contro ad un’economia del welfare. La mobilitazione delle finanze pubbliche per il rilancio della spesa militare è già in corso. L’Italia ha creato degli aumenti superiori al 25 per cento. Siamo oramai nel mezzo di una nuova guerra fredda a cui per altro la nostra classe politica non è preparata. Certamente alcuni ministeri ne gioiscono poiché finché c’è la guerra ci sarà anche la speranza di fare debito. Gli aumenti dei costi speculativi di riconversione vengono sottaciuti con la dizione di inflazione e si aggiungono inoltre delle vere e proprie conseguenze globali geopolitiche e quindi rapporti finanziari, naturalmente il tutto a scapito della classe lavoratrice.
Si stima che negli ultimi due anni i salari reali sono caduti con un crollo superiore di sette punti in Italia. Il che comporta sempre più un impoverimento delle masse popolari, con una tendenza finanziaria per la felicità dei creditori privati e ansia dei debitori. Un inasprimento della economia di guerra favorirebbe inevitabili clausole per favorire deficit e un’inflazione a cui il governo italiano, un po’ segretamente, spera. Occorre immediatamente un nuovo timoniere che forte dell’articolo 92 della Costituzione, con il prestigioso commento dell’allora capo commissione per la costituzione, professor Ruini, chiamò il gabinetto di emergenza del presidente della repubblica atto a risollevare le sorti del paese in situazioni impellenti e drammatiche. Esattamente come quelle che stiamo attraversando.
Occorre un timoniere forte nell’oltre Tevere, trasversale in parlamento e dotato di relazioni internazionali e inoltre colto in economia comportamentale per stringere sempre più attorno a sé le forze di oligopolio nazionale e non di le meno masse popolari. Che abbia insita in se un fervore tutto cristiano che sfoci in una diplomazia internazionale che lo porti a saper parlare al popolo via radio tutti i sabati come era uso fare il presidente americano Roosevelt.
Professor Andrea Zallocco
Foto Treccani