Ogni tanto ci cimentiamo, nella nostra soffitta dei libri, a prendere in mano libri come questo che, come ricorda Alessandro Baricco nell’ introduzione, ha più di 130 anni

Vieppiù, la storia raccontata è di oltre duemila anni fa, visto che ruota intorno al palazzo di Erode Antipa e riguarda la vicenda del Battista, il santo che battezzava tutti.

Ripercorriamo la storia del nostro autore: scrive il libro in un momento difficile, il teatro era in crisi, lui era bersagliato dalla critica per la sua Madame Bovary, il primo romanzo di  Flaubert. Appena pubblicato fu messo sotto inchiesta per “oltraggio alla morale”.

Molti autori dell’800 furono ignorati nel loro secolo ed amati nel secolo successivo e da rivalutare nel terzo millennio. Destino amaro dei grandi, spesso ignorati dai contemporanei.

Il racconto di oggi appartiene a questo periodo della sua vita, dove era anche alle prese di un’opera letteraria più imponente sulla stupidità del mondo che non raccolse successo (si chiamava Bouvar e Pécuchet). Tema oggi attualissimo.

Quello che riescono a fare i grandi scrittori è di farvi immergere anche in tempi lontani, nel clima e nelle stanze dei potenti di un tempo.

Erodiade questa principessa rappresenta, per il mondo antico, una sorta di femmina dai facili costumi, fu sposa di Erode Filippo I, da cui ebbe una figlia, Salomè. Dopo il divorzio, pratica assolutamente immorale per quei tempi, di questo tetrarca ne sposò il fratello Erode Antipa, tetrarca di Galilea.

E nel suo palazzo che si svolge la storia e chi ne fa le spese è Giovanni Battista che bastonava, con gli strali delle sue orazioni, il comportamento immorale dei concubini.

Tutti ricordano Salomè, perché è quella che ballando davanti al tetrarca Antipa chiede la testa del Battista, ma la ragazza è figlia di Erodiade che odia il santo per le parole di fuoco che le riversa costantemente, santo che è un po’ un antesignano del Frate Savonarola di mille e cinquecento anni dopo.

Chi denuncia i potenti paga spesso con la vita

Quindi è Erodiade l’artefice di tutto, con

la figlia plagiata e persino promessa allo zio, suo concubino, per avere giustizia sul Battista.

Flaubert per questo destina il titolo del racconto alla principessa e non alla figlia e racconta con la sua capacità di percorrere distanze quasi infinite, in modo delizioso e soprattutto pieno di particolari, le gesta, le passioni, le grida del Battista che continua a condannare, sia pur torturato, l’immoralità della casa di Erode, profetizzando la venuta del Cristo.

La vicenda è nota, ma il racconto di Flaubert descrive fatti e circostanze che non ci sono nei testi sacri e fanno parte, per diritto al gusto letterario della narrativa. Leggete con particolare attenzione queste frasi finali e gustate lo stile flaubertiano.

“…Nel momento in cui spuntava il sole, due uomini, inviati un tempo da Iaokanann, arrivarono con la risposta così a lungo sperata. Lo confidarono a Phanel, che ne fu rapito. Poi mostrò loro l’oggetto lucubre, sul vassoio, tra i resti del festino. Uno degli uomini gli disse: Consolati! è disceso fra i morti ad annunciare il Cristo! L’Esseno, adesso, capiva quelle parole: Perché lui cresca, bisogna che io diminuisca E tutti e tre, presa la testa di Iakannan, se ne andarono dalla parte della Galilea. Siccome era molto pesante, la portarono a turno “.

Come al solito diamo uno sguardo alla rete cercando di sfuggire al mito di Salomé ed Erodiade che, ovviamente, è indipendente dall’estro del nostro autore e trovo solo uno video riferito al nostro libro di oggi.  Peraltro, un convegno letterario.

Resta per noi un libro importante da rivalutare.

LA RETE

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