di Annamaria Gargano
Julian Assange, fondatore di WikiLeaks, è stato finalmente rilasciato dal carcere di massima sicurezza di Belmarsh, a Londra. Il mondo intero si è mobilitato per chiedere la sua liberazione, e un accordo con il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha aperto la strada al suo ritorno in Australia. Assange ha trascorso cinque anni in condizioni di isolamento quasi totale (23 ore al giorno), un trattamento che ha gravemente danneggiato la sua salute mentale e fisica.
La vicenda giudiziaria di Assange ha avuto una risonanza globale. Dal 2019, anno del suo arresto da parte delle autorità britanniche in attesa di estradizione negli Stati Uniti, Assange ha affrontato 18 capi d’accusa legati alla violazione dell’Espionage Act del 1917, tra cui cospirazione e diffusione di informazioni riservate. Se condannato, avrebbe potuto scontare fino a 175 anni di carcere.
WikiLeaks, la piattaforma che Assange ha fondato nel 2010, ha pubblicato migliaia di documenti segreti che rivelavano rapporti diplomatici, torture subite dai detenuti a Guantanamo e l’uccisione di civili nelle guerre in Iraq e Afghanistan. Queste rivelazioni hanno innescato un dibattito mondiale sulla trasparenza governativa e il diritto all’informazione, ma hanno anche scatenato la dura reazione delle autorità statunitensi.
In base all’accordo raggiunto con il Dipartimento di Giustizia, Assange si dichiarerà colpevole di aver ottenuto e diffuso illegalmente documenti sensibili. In cambio, sarà giudicato in un tribunale federale a Saipan, nelle Isole Marianne Settentrionali, una giurisdizione statunitense nel Pacifico. Qui, Assange riceverà una condanna a cinque anni di carcere, pena che ha già scontato nel Regno Unito, e potrà quindi tornare in Australia.
La liberazione di Assange è una buona notizia per molti, ma ciò che gli è accaduto ha inviato un chiaro e inquietante messaggio ai giornalisti di tutto il mondo: la divulgazione di informazioni riservate può comportare gravi conseguenze legali e personali. La sua persecuzione giudiziaria, secondo molti, non sarebbe mai dovuta iniziare. Per alcuni, Assange è un nemico dello Stato, un traditore che ha messo a rischio la sicurezza di migliaia di persone rivelando informazioni che avrebbero dovuto rimanere segrete. I detrattori lo descrivono come un uomo egoista, ossessionato dal potere e dal denaro, più concentrato su se stesso che sulla realtà. Tuttavia, per molti altri, è un eroe e un simbolo della libertà di stampa, avendo restituito al pubblico la verità a costo di pagare personalmente un prezzo altissimo. Amnesty International si è battuta a lungo per la rimozione delle accuse nei suoi confronti, ritenendo che potrebbero costituire un pericoloso precedente per chiunque voglia condurre inchieste o rivelazioni simili a quelle di Assange.
Alcuni dei suoi collaboratori lo descrivono come un uomo intelligente e intenso, ossessionato sì, ma dalla trasparenza e dai codici dei computer. Forse è proprio l’immagine di un giovane hacker determinato a rovesciare il potere in nome della trasparenza ad aver reso Assange un personaggio così empatico per molti utenti su Internet.
Il ritorno di Julian Assange in Australia segna la fine di una lunga e travagliata battaglia legale e rappresenta un capitolo importante nella storia della libertà di informazione. Il suo caso continuerà a essere oggetto di dibattito e riflessione per giornalisti, attivisti e cittadini di tutto il mondo.