Necessaria una mobilitazione a partire dalle stesse regioni
Il Parlamento, sordo ad ogni considerazione di merito, sia giuridica che scientifica, ha approvato la legge sull’autonomia differenziata trattando la materia della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema come una qualsiasi altra materia.
I boschi come i fiumi, la fauna selvatica come le falde idriche, gli inquinamenti e l’impollinazione, non conoscono i confini amministrativi di una regione, per cui una tutela differenziata al ribasso su base regionale compromette la conservazione di specie e habitat. E la tutela dell’ambiente, anche dal punto di vista giuridico, è il presupposto del diritto alla salute.
La tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, pur essendo di competenza esclusiva dello Stato, può essere oggetto di autonomia regionale come previsto dall’articolo 116 della Costituzione, ma proprio perché di competenza esclusiva dello Stato si sarebbe dovuto seguire una procedura distinta dalle materie che invece la Costituzione dichiara già di competenza anche regionale. Questo ancor più dopo la riforma degli articoli 9 e 41 della Costituzione che ha posto la tutela dell’ambiente, della biodiversità e degli ecosistemi tra i principi fondamentali della Costituzione, riconoscendo la tutela dell’ambiente quale limite dovuto alle attività economiche.
La procedura del disegno di legge approvato, pur indicando come obbligatorio il rispetto di Livelli Essenziali di Prestazioni (LEP) anche per la tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, non garantisce di evitare differenziazioni nelle misure di tutela. A queste, inevitabilmente conseguiranno differenziazioni di diritti dei cittadini – a cominciare da quello della salute – a seconda delle regioni in cui vivono.
Ad aggiungere ulteriori problemi, va ricordato che ad oggi i LEP sono stati individuati, ma non definiti in modo misurabile; quindi, non sono stati neppure quantificati sotto il profilo dei costi e pertanto al momento sono tutt’altro che garantiti. Rispetto poi alla tutela dell’ecosistema la definizione dei LEP è estremamente complessa e dovrebbe essere considerata in relazione ad impatti crescenti e non cristallizzata in formule dalla valenza decennale quali saranno le intese che lo Stato e le Regioni potranno sottoscrivere.
La mancata considerazione degli effetti della riforma costituzionale del 2022 che ha modificato gli articoli 9 e 41 della Costituzione, eccepita anche in sede di audizioni sia al Senato che alla Camera, è rimasta inascoltata. L’evidenza scientifica fornita su quanto si sia lontani ancora dal definire i LEP per ambiente ed ecosistema è rimasta ignorata. Il dato economico dell’applicazione delle garanzie che dovranno essere date anche alle Regioni che non sottoscriveranno le intese di autonomia è stato gravemente sottovalutato.
La tutela dell’ambiente e della natura oggi subisce una pesante sconfitta e viene sacrificato ancora una volta nel nome della ragion politica.
È già in atto una mobilitazione nel Paese contro questa legge che viene criticata sotto molti altri aspetti, oltre che quello ambientale.
Il WWF chiede alle Regioni di mobilitarsi affinché, al di là di ogni logica di appartenenza politica, si attivino per fermare la legge anche valutando l’impugnativa in Corte costituzionale e il ricorso al referendum abrogativo. È infatti fortemente opinabile la scelta del Governo e del Parlamento di dare attuazione al regionalismo differenziato tramite legge ordinaria e non tramite legge costituzionale, ancor più discutibile la scelta di trattare in modo equivalente le materie di competenza esclusiva statale e quelle di competenza concorrente (cioè anche regionale).
La virtualità delle misure proposte, sia economiche che sui LEP, produrrà un serio problema finanziario alle Regioni che non sottoscriveranno le intese con lo Stato o che le dovessero fare avendo una base contributiva povera; questo renderà difficilissimo il mantenimento anche delle attuali di loro competenza e conseguentemente differenzierà i diritti dei cittadini.