Peter Weiss, il nostro autore di oggi, è uno ‘speciale’ drammaturgo tedesco, nato il 1916 (ci lasciò nel 1982)

Il suo teatro è incentrato sull’inchiesta, per farne una sorta di documentario essenziale, un atto d’accusa verso le amare conclusioni di eventi storici. Un continuatore dell’esperienza brechtiana. In tal senso speciale. E leggendo capirete perché.

 Seguendo la famiglia nei suoi spostamenti, dal piccolo paese Babelsberg alla grande città di Berlino, vediamo il giovane Weiss avvicinarsi alla lettura e alle sue prime pubblicazioni giovanili.

Ma è l’avvento del nazismo lo spartiacque di una esistenza che doveva sfuggire alle persecuzioni delle leggi razziale.

Fu Londra il primo rifugio che aprì al ventottenne Peter la strada della pittura, che fu la prima passione che lo introdusse nell’’Accademia di Belle Arti di Praga facendogli conoscere Herman Hesse per il quale illustrò la favola; “l’infanzia del mago”.

Le turbolenze delle grandi tensioni, che esplodevano nel cuore dell’Europa, costringono la famiglia Weiss in Svezia.

Qui la politica lo colse attraverso gli esuli antifascisti e antinazisti, e proprio qui nacque l’idea della scrittura, anche se si sviluppò molto dopo, con “Punto di fuga” e “Estetica della resistenza.”

 

Si avvicina alla scrittura solo nel 1947 a Parigi, addio dunque al pennello e via alle poesie e sceneggiature per il cinema, tra il 1955 ed il 1960: i film “Avantgarde”, “Il grosso sogno del postino Cheval” e “Diario di Copenhagen”

Ed è nel 1964, nella maturità creativa, che approda al teatro e la sua “Istruttoria”, il testo teatrale che presentiamo oggi, fu portato nel 1965, contemporaneamente in 14 teatri della Germania dell’Est e dell’Ovest, quasi fosse il megafono sociale di quelle accuse che forti erano riecheggiate un anno prima.

Nelle aule del tribunale di Francoforte, per l’inferno di Auschwitz, e l’uso dello stesso tono e quasi delle stesse parole, creò una sintonia col pubblico stimolante e provocatoria.

Weiss, infatti, nel testo che raggiunge alte vette di poesia, attraverso le singole deposizioni, sulla denuncia dei crimini, va oltre accusando l’intero sistema capitalista che aveva permesso alla Germania nazista di produrre i campi di concentramento.

E’ un testo che preferiamo e che sta nella nostra soffitta dei libri. Ma anche “La persecuzione e l’assassinio di Jean-Paul Marat” ottenne un enorme successo.

Cosi come il “Processo di Kafka” del 1975 e il “Discorso sugli antefatti e sullo svolgimento della lunga guerra di liberazione in Vietnam” diventa una accettazione della necessità della lotta armata degli oppressi contro gli oppressori. Un atto di accusa verso la politica estera Usa.

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