di Vincenzo Cacciopoli
Da tempo si discute di quello che dovrebbe essere il piano di resilienza e resistenza della Ue, per contrastare i danni causato all’economia dalla pandemia di Covid, in grado di rilanciare il paese dal punto di vista economico e delle riforme strutturali necessarie per far correre un paese, stretto e frenato da decenni di vincoli e lacciuoli burocratici che ne hanno frustrato crescita e sviluppo la quinta rata e essere pronti per farsi approvare la sesta, consolidando sempre più il primato tra tutti i paesi europei in quanto al raggiungimento degli obiettivi richiesti dalla Commissione.
E di questo si dovrebbe riconoscere i meriti al ministro preposto al compito, Raffaele Fitto, al dicastero degli Affari europei fa appunto capo la delega del Pnrr. Giorgia Meloni, che fin da subito era straconvinta sul nome a cui affidare uno dei dossier più delicati della legislatura, ha vinto anche questa scommessa. Certo le difficoltà sono ancora tante, inutile negarlo, anche perchè obiettivamente all’inizio di errori ne sono stati fatti tanti. A cominciare dalla scelta di alcune opere da inserire nel piano, che o sarebbe stato impossibile completare entro il 2026 oppure che non avevano nessuna attinenza con gli obiettivi della commissione.
Il ministro su questo punto è stato inflessibile, e da subito ha optato per una profonda revisione del piano, che ha avuto l’avallo pieno della commissione e che sta diventando una sorta di modello anche per altri paesi, Spagna in testa. Ma si sa in Italia si cerca spesso di guardare spesso il bicchiere mezzo vuoto anche mezzo pieno, e anche in questo caso la governo e al ministro a sinistra, si è fatto notare come il vero banco di prova per il governo sarebbe stato quello della attuazione del piano, la cosiddetta messa a terra dei progetti. Ebbene sembra che anche su quel punto il governo abbia impresso una forte accelerazione.
L’Italia, infatti, sembra proprio aver cambiato passo sul Pnrr, ora si può dire che effettivamente ci sono stati progressi importanti. Il 57,2% dei lavori è stato assegnato ma il problema è il tempo. Il sindaco di Novara Alessandro Canelli parla chiaro: “Questo è l’anno chiave: sui termini finali però serve qualche flessibilità”. Dopo la lunga fase dominata dalla produzione normativa delle “riforme abilitanti”, dalla concorrenza alla giustizia alla Pubblica amministrazione, ora però – riporta Il Sole 24 Ore – il Pnrr è anche e soprattutto opere pubbliche: cantieri, che si aprono una volta esaurita la gestazione delle decine di migliaia di progetti che si sono candidati ai finanziamenti di Next Generation Eu.
Ora lo scenario cambia. Il contatore dei bandi è in aggiornamento continuo, ma l’ultima estrazione mostra che le gare bandite sono salite a quota 72.836, e le aggiudicazioni sono 41.687 (il 57,2% rispetto ai bandi). Sempre il sole 24 ore riporta come sono ancora da chiudere gli appalti per 179.277 nuovi progetti, ma i Comuni sono vicini al traguardo. Intanto in questi giorni sono cominciate le interlocuzioni con la commissione europea per il raggiungimento dei 39 obiettivi legati alla sesta rata da 9,2 miliardi di euro, sulla quale il nostro paese sarebbe già ad ottimo punto.