Il nostro autore è una delle colonne della letteratura scandinava, l’altro probabilmente, ne parleremo in seguito, è il norvegese Henrik Ibsen, altro drammaturgo sul podio della nostra soffitta di libri
Anzi i due vivono appaiati, quando Ibsen scrive la“ Casa della bambola”, l’altro risponde con “Le case delle bambole”.
Johan August Strindberg nasce e muore a Stoccolma, percorrendo un periodo di vita dal 1849 al 1912.
Una vita un po’ disordinata, intrecciata con esperienze molteplici e scelte estreme e talvolta contraddittorie, a tratti rivolta contemporaneamente a varie discipline non chiaramente connesse alla prassi letteraria dello poeta e drammaturgo, ma all’arte, come la scultura e la pittura o la fotografia, oppure alla scienza, come dimostra l’interesse per la chimica, ed infine alla pratica religiosa che sconfina nella teosofia.
“Sintomi di una rottura intima del proprio animo con la dimensione convenzionale del tempo e del vivere, elementi dunque reciprocamente contaminati nell’atto creativo e fondamentali per la sua interpretazione” (WikipediA)
Poesia e teatro, rappresentano il terreno fertile della sua produzione, cinquanta volumi, più altri venti di corrispondenze, sicuramente una risorsa importante per la cultura contemporanea.
A questa produzione arriva col tempo, prima attraversando una esperienza di vita piccolo borghese che descrive in un nell’opera autobiografica Il figlio della serva (Tjänstekvinnans son I-V, 1886-1909).
Dove parla della madre, una cameriera e del padre commissionario di battelli a vapore.
A 18 anni intraprende studi di filologia e medicina aiutandosi con l’insegnamento per campare.
Ma è un progetto di vita che frana sulle difficoltà economiche, lascia gli studi, trova lavoro come giornalista e bibliotecario, si sposa e nel 1879, e a trent’anni ha l’esordio letterario con La camera rossa ma dopo cinque anni di passione attorno ad una sua prima opera (Maestro Olof) che viene continuamene respinta dai teatri.
Poi quando arriva a scrivere un opera storica sul popolo svedese, si attira tante critiche da rendere irrespirabile l’aria della sua città e si trasferisce a Parigi (1883) e, più tardi, in Svizzera.
Gli spostamenti crearono il presupposto per lo sviluppo della sua produzione ma crearono anche la crisi familiare, altri due matrimoni falliti, e poi alcuni libri e alcune novelle, gli attirarono l’accusa di misoginia che si sparse in tutta Europa…
Morì a Stoccolma nel settembre del 1912.
Ai suoi funerali si formò un corteo spontaneo di lavoratori; questo perché negli ultimi anni della sua vita egli supportò la loro causa.
Venendo al nostro libro, o meglio al nostro dramma: il senso della realtà vera del teatro è andato smarrito.
Dai cervelli umani è scomparsa la nozione del teatro. Essa esiste, invece: a metà strada tra realtà e sogno.
Cosi Antonin Artaud scriveva parlando di questa opera.
Una settimana fa è stato il centenario della morte di August Strindberg ed il Teatro Popolare Italiano e il Teatro Out Off ( di cui le immagini) hanno presentano, con il patrocinio dell’Ambasciata svedese in Italia, un ciclo di spettacoli composto dalla messa in scena di alcune tra le sue opere più importanti tra cui il “Il Sogno”
La trama di questo dramma è apparentemente semplice: la figlia del dio Indra decide di scendere sulla Terra per osservare come vivono gli umani e diviene ella stessa umana.
A sue spese si svelerà ai suoi occhi la vita di un pianeta, dura e infelice: anzi, è la vita stessa il dolore più grande, che impone all’uomo di causare afflizioni al suo prossimo, sebbene ciò non riesca comunque a assicurargli la benché minima felicità.
Il viaggio della figlia di Indra segue “l’incoerente ma apparentemente logica forma del sogno” e così la giovane si ritrova, senza soluzione di continuità, in un castello in cui è imprigionato un ufficiale, nella casa di due anziani coniugi, all’esterno di un teatro, in una grotta, su un’isola e così via.
Tempo e spazio non esistono, ci avvisa Strindberg nella nota che precede il testo, “i personaggi si fendono, si sdoppiano, si moltiplicano, svaporano, si condensano, si sciolgono, si raccolgono. Ma una coscienza sta sopra ogni cosa, quella del sognatore.”
La Rete