Alexandre Dumas, padre e figlio nella stessa arte, accomunati dallo stesso nome e cognome e da un secolo che hanno passato quasi per intero, il XIX°.
E’ un po’ difficile pensare alla storia della cultura ad eventi familiari cosi importanti. Se osserviamo per così dire la stessa arte, e tuttavia non con lo stesso nome di battesimo, possiamo pensare a due grandi attori americani Kirk e Michael Douglas o per l’Italia i Gassman o i De Sica.
Non parliamo della politica tra Silvio e Piersilvio che ci devia dal ragionamento culturale, e anche i due George Bush americani che hanno inquietato il Golfo persico.
Diciamo subito che il padre del primo, ovvero il nonno del secondo Alexandre, pur essendo un generale della rivoluzione francese prima e napoleonico dopo, era mulatto, in quanto figlio di un marchese e di una schiava africana.
Ripudiando la politica imperialista napoleonica, il generale ripudia anche il nome proprio e lo cambia in Dumàs, che era il nome della madre. Un nome africano, il nostro autore è per un quarto africano.
La biografia è, come al solito, ridonante; prendo gli aspetti salienti di una vita difficile del primo (Alexandre Dumas padre) che resta orfano in tenera età, il turbolente generale era decaduto fisicamente ed economicamente resta affidato alla madre.
Fa fatica a studiare, ma si mette a leggere come un topo da biblioteca. Tutti i generi possibili.
E’ ancora giovane quando, nel 1823, giunto a Parigi, va al seguito del Duca di Orléans, che lo assume come copista per via della sua buona calligrafia, e inizia, ventunenne, a scrivere per la Comédie-Française.
Cinque anni dopo le sue commedie sfondano nel pubblico. Ecco l’inizio della carriera di uno scrittore a tempo pieno.
Il successo, come sempre, dipende dalla disponibilità del danaro ed il circolo vizioso del pubblico, di quel mondo culturale piccolo di allora, che aspettava febbrilmente, nei circoli culturali, nei cafè letterari, l’uscita della rivista Le Siècle, oppure la seconda pagina del Journal des débat dove comparivano le puntate dei romanzi, dall’epopea dei tre moschettieri (con “Vent’anni dopo” e “Il visconte di Bragelonne”)“ La Regina Margot”, e “Il conte di Montecristo” per citare solo alcuni capolavori di Dumas.
L’ultimo romanzo storico “Il cavaliere di Sainte-Hermine” è del 1870. Trentanni dopo, nel frattempo, lo scrittore s’era gettato in campi avventurosi dal punto di vista finanziario, un castello restaurato ed un teatro, che lo riempiono di debiti e creditori, costringendolo alla fuga in Belgio, dopo la crisi ed il fallimento di tali operazioni.
Un giramondo, lo troviamo persino per tre anni a Napoli, nominato dall’amico Garibaldi, direttore degli scavi e dei musei”, carica che mantenne per tre anni (1861-1864) sino a quando, a causa dei malumori dei napoletani che non sopportavano un francese, avendone non digerito e vomitato già uno importante, ritornò a Parigi, passando poi per tutta l’Europa ed anche la Russia.
Di ogni posto riporta nei suoi libri sensazioni ed immagini. Una produzione che è difficile sintetizzare ma possiamo dire che vogliamo celebrare un grande. Diamo spunti ed invitiamo sempre a leggere e rileggere dopo anni questi autori. E’ sempre una nuova scoperta.
Del figlio possiamo dire che appare nel periodo giovanile del padre, quando questi si stava prodigando per la Comédie-Française, ma giusto agli esordi, da un rapporto con la sua vicina di pianerottolo, Catherine Laure Labay.
Un figlio fatto in fretta e messo in collegio e riconosciuto e conteso solo sei anni dopo. Non è certo un bello inizio.
Soprattutto dopo una difficile battaglia sostenuta dai genitori per la sua custodia.
Assegnato al padre: è per questo che Alexandre Dumas figlio, serberà per tutta la vita un profondo rancore nei confronti del padre, che manifesterà nelle sue opere, segnate dal tema della disgregazione familiare e ispirate a un certo moralismo.
E’ ancora un adolescente quando entra nelle frequentazioni create dalla vita oziosa e galante del famoso padre e qui conosce, a vent’anni, Marie Duplessis, con la quale avrà una relazione per un anno, donna, morta nel 1847, gli ispirerà il suo più noto romanzo “La signora delle camelie” (1848), da cui trarrà l’omonimo dramma: la Traviata per Giuseppe Verdi del 1852.
Abbiamo detto del suo moralismo, dettato dalla sua esperienza di vita. Per questo negli anni successivi lo scrittore francese affronta, con il suo stile di scrittura brillante, temi assai controversi per l’epoca, quali la posizione sociale della donna, il divorzio e l’adulterio.
Un antesignano certamente.
Tra le opere di questo periodo vanno ricordate Démi-Monde (1855), L’amico delle donne (1864), Le idee della signora Aubray (1867), La moglie di Claudio (1873), Francillon (1887).
Il padre al Pantheon il figlio a Montmartre, Parigi li onora entrambi con un solo nome, «les Alexandre Dumas».