Amsi-Umem-Uniti per Unire.
Aodi: «Non c’è la svolta che ci attendevamo, mancano, come sapevamo le risorse indispensabili per la reale valorizzazione dei professionisti sanitari. L’Italia rimane agli ultimi posti in Europa, come emerge da nostre indagini, sulla mancata risoluzione, nella sanità pubblica, dello snellimento dei tempi di esami, visite specialistiche e ricoveri programmati. E la situazione è notevolmente peggiorata dopo la recente Pandemia»
ROMA – «In queste ore il Consiglio dei Ministri sta lavorando alacremente per mettere in atto un Decreto, degno di tal nome, che ha l’obiettivo di risolvere almeno in parte la spinosa questione delle liste di attesa, che tiene banco da tempo e su cui, dobbiamo riconoscerlo, il Ministro Schillaci ci ha davvero messo la faccia.
L’Italia è agli ultimi posti in Europa, come emerge da nostre indagini, sulla mancata risoluzione, nella sanità pubblica, dello snellimento dei tempi di esami, visite specialistiche e ricoveri programmati. E la situazione è notevolmente peggiorata dopo la recente Pandemia aggravando molto sulla salute dei cittadini e penalizzando le diagnosi precoci in particolare in Oncologia .
Il nodo delle scarse risorse a disposizione, che in queste ore preoccupa non poco sia noi come Amsi, Associazione Medici di Origine Straniera, sia come Umem, Unione Medica Euromediterranea, e naturalmente anche le Regioni, e siamo certi anche tanti sindacati delle professioni sanitarie, rappresenta di certo uno scoglio di non poco conto.
Va di certo dato atto, da una parte, al Ministro Schillaci di voler fare il massimo per risolvere il problema.
La maggiore interazione tra pubblico e privato, snellendo gli esami e dirottandoli anche su strutture private, la possibilità di effettuare esami anche nei fine settimana come avviene già in alcune Regioni, rappresentano di certo riconoscibili passi in avanti.
Tuttavia non siamo di fronte alla svolta che ci attendevamo e comprendiamo perfettamente la preoccupazione che regna sovrana, nell’interesse della qualità della tutela della salute della collettività.
Occorre, secondo noi di Amsi e del Movimento Internazionale Uniti per Unire, maggiore coraggio, quello che dobbiamo registrare, ancora una volta, è venuto meno anche in questa occasione.
E’ necessario un piano risolutivo per arginare le fughe dei professioni sanitari all’estero, cominciando da una valorizzazione economico-contrattuale che contribuisca a creare terreno fertile per non far scappare via le nostre migliori eccellenze.
Retribuzioni degne di tal nome, risanamento delle gravi carenze di personale con un piano capillare di assunzioni, snellimento della burocrazia con il maggiore coinvolgimento nella nostra realtà sanitaria dei professionisti di origine straniera che rappresentano una risorsa davvero preziosa, e poi ancora formazione, ricerca, rilancio della professione medica sin dalle Università per creare indispensabile ricambio generazionale.
Non vediamo al momento tutto questo, ma solo una piccola parte, e certamente gli sforzi non sono sufficienti per ricostruire un sistema sanitario che è reduce da anni e anni di cattive gestioni, di tagli, di austerity.
Come Amsi, Umem e Uniti per Unire combattiamo contro la medicina difensiva, chiediamo il procrastinamento del Decreto Cura Italia oltre il 31 dicembre 2025, che ha visto la possibilità di evitare la chiusura di centinaia di reparti, spingiamo per il dialogo e la collaborazione inter professionale, ognuno nel rispetto del proprio ruolo, creare una sanità di pari opportunità, con liste di attesa snellite in modo reale e trasparente.
Dobbiamo colmare il gap con i Paesi europei e con quelli del Golfo(dove si arriva al 10% del pil per la sanità), che attraggono sempre più professionisti sanitari italiani e di origine straniera, con massicci investimenti nel nostro Sistema Sanitario, così come occorre un piano sicurezza che tuteli maggiormente medici e infermieri coinvolti nella brutale spirale delle aggressioni.
Serve lavorare per scongiurare l’accorpamento e la chiusura dei reparti in estate, è necessario garantire le ferie a tutti, diritto sacrosanto, abbiamo il dovere di rilanciare le aree di emergenza urgenza, snellire il carico dei pronto soccorsi e ricostruire la sanità territoriale, con maggiori ambulatori e con un numero più alto di professionisti per le cure domiciliari.
Indispensabile poi intensificare e rafforzare la rete ospedaliera, con medici di famiglia e pediatri da una parte e specialisti dall’altra.
Il pubblico deve tendere una mano al privato e viceversa, questo è inevitabile, visto che soprattutto la sanità privata diventa strumento indispensabile a cui attingere, con tariffe sempre più equilibrate e con professionisti che mettono in campo ogni giorno competenze e qualità umane, in strutture all’avanguardia.
Le strutture private convenzionate, anche quelle totalmente private, offrono elevata qualità nelle prestazioni, garantiscono cure come nel settore della riabilitazione e della fisiatria che la sanità privata ,ha a disposizione, ma godono spesso di ingiuste discriminazioni.
Non dimentichiamo che siamo alle prese con il sempre più costante invecchiamento della popolazione con le patologie, ossee in particolare, che ne conseguono.
Un importante passo in avanti sarebbe quello di consentire sempre di più ai professionisti della sanità pubblica di lavorare nel privato con l’abbattimento della Intramoenia .
In Italia ci sono oltre 2 milioni di cittadini che nel 2022 hanno rinunciato alle cure e questo è gravissimo, non smetteremo mai dirlo.
Vogliamo essere onesti, ci aspettavamo qualcosa in più. Manca, ripetiamo quella svolta di cui tutti abbiamo bisogno.
Noi come Amsi non smetteremo di informare, di divulgare indagini e statistiche, in particolare per quanto riguarda i professionisti sanitari di origine straniera (ad oggi 100mila in Italia), la cui richiesta da parte delle regioni aumenta costantemente vista la carenza di personale.
Non possiamo dimenticare che senza professionisti sanitari, senza risolvere la carenza di personale, cala vertiginosamente la qualità delle prestazioni, così come i turni massacranti e la disorganizzazione, che pesano come macigni sul livello di soddisfazione di medici e infermieri, aumentando stress e patologie, fomentano gli errori a discapito dei pazienti.
E’ il momento del cambio di passo, non possiamo più attendere».
Così il Prof. Foad Aodi, Esperto in Salute Globale, Presidente di Amsi e del Movimento Uniti per Unire, nonché Docente di Tor Vergata, membro del Registro Esperti della Fnomceo dal 2002, già 4 volte Consigliere dell’Ordine dei medici di Roma, Direttore Sanitario del Centro Medico Iris Italia e Membro del Comitato Direttivo AISI.