di Vincenzo Caccioppoli
L’ economia italiana continua a crescere, e lo fa in maniera superiore rispetto a molti altri paesi europei, Francia e Germania in testa, e già questa dovrebbe essere una gran bella notizia. A certificarlo sono sia le stime dell’Istat sulle prospettive del biennio 2024/25 e sia quelle della commissione europea. Per il Pil italiano è prevista una crescita dell’1% nel 2024 e dell’1,1% nel 2025, in moderata accelerazione rispetto al 2023, scrive l’Istat nelle prospettive per l’economia italiana 2024-25. Nel Def di aprile la stima tendenziale è di +1% quest’anno e +1,2% il prossimo.
Nel 2024 l’aumento del Pil verrebbe sostenuto dal contributo sia della domanda interna al netto delle scorte, sia della domanda estera netta (+0,7 punti percentuali per entrambe), con un contributo delle scorte ancora negativo (-0,4). Nel 2025 la crescita dell’economia italiana sarebbe invece trainata prevalentemente dalla domanda interna (+0,9). Tutto ciò avrà come conseguenza un effetto positivo sull’occupazione, già ai massimi storici. L’occupazione, infatti, misurata in termini di unità di lavoro – segnerà una crescita in linea con quella del Pil (+0,9% nel 2024 e +1,0% nel 2025) a cui si accompagnerà un calo del tasso di disoccupazione (7,1% quest’anno e 7,0% nel 2025). ma è forse il dato sull’inflazione a registrare i dati più sorprendenti.
Negli ultimi 7 mesi l’inflazione a livello nazionale è stato al di sotto della soglia del 2% e, per la Commissione Ue, quest’anno dovrebbe attestarsi al +1,6%, contro il +5,9% del 2023 e il +8,7% del 2022. Il dato di quest’ anno è nettamente inferiore alla media UE che, invece, dovrebbe attestarsi al 2,5%. Tra i 27 paesi Ue solo la Finlandia (+1,4%) è destinata a ottenere un risultato migliore. In Germania è destinata a salire del 2,4%, in Francia del 2,5% e in Spagna del 3,1%.
Dati che meriterebbero forse una maggiore attenzione considerando come il nostro paese da decenni sia invece sempre stato tra gli ultimi in termini di crescita economica. Eppure si tutto ciò sui giornali e nel dibattito politico se ne sente parlare poco se non pochissimo. Non si dovrebbe certo lasciare spazio ai facili entusiasmi, per carità. Ma è assolutamente incontestabile il dato che registra come la crescita del nostro paese sia insolitamente più alta di molti altri paesi europei, eppure questo dato, invece di avere il suo giusto rilievo ( senza particolari entusiasmi, perché i problemi sono ancora tantissimi per il nostro paese, sia bene inteso) passa assolutamente sottotraccia ed anzi spesso viene addirittura contestato nella narrazione della opposizione e di certa stampa con argomentazioni francamente deboli e poco oneste. Come quando si sottolinea come l’occupazione che cresce a ritmi costanti sia drogata da lavori mal pagati e precari ( cosa tra le altre cose non del tutta vera) che non tiene conto invece degli sforzi fatti dal governo per aumentare i contratti a tempo indeterminato e sugli stipendi, con i provvedimenti sul cuneo fiscale.
Si potrebbe discutere in maniera più onesta sulla produttività di questo lavoro, che al pari del debito pubblico monstre è uno dei veri fardelli che zavorrano la crescita del nostro paese, anche se c’è chi come la Spagna ( che cresce a ritmi del 2% all’anno, grazie alle riforme portate avanti dal governo Rajoy che ora la sinistra che appoggia Sanchez vorrebbe smontare) sta messo ancora peggio. Si potrebbe anche parlare del calo prolungato della produzione industriale, che però a maggio, secondo i dati della confindustria, dovrebbe finalmente avere invertito la rotta in positivo (il sentiment delle aziende prevede un deciso miglioramento in questo senso). Invece si preferisce proseguire sulla propaganda, la vicinanza della competizione elettorale certo non aiuta, senza invece mettere il giusto accento su quelli che sono dati incoraggianti rinsaldati anche da un costante calo dello spread, tornato intorno ai 100 punti base e alla crescita record della borsa italiana e del turismo, uno dei motori della crescita del paese. Insomma si tratta del solito vecchio e antipatico tafazzismo di certa parte del nostro paese, che in certi casi sembra, non si a cui prodest, tifare contro il proprio paese.