BARI – Ieri sera al Petruzzelli è andato in scena il recital pianistico di un grande veterano come Michele Campanella. Due le pagine meravigliose con cui si è esibito, La Sonata n. 32 op. 111 di Beethoven e la Sonata in si minore di Franz Liszt; un concerto che pur nella sua concisa brevità e bellezza ha dato modo al folto pubblico presente di poter apprezzare l’innato talento di questo Virtuoso napoletano, giunto a 77 anni di età, ma ancora agile e attentissimo tra i tasti del suo Yamaha.
Beethoven scrisse la sue ultima Sonata, poco comprensibile ai suoi contemporanei, per l’inaudita difficoltà tecnica e la sublime bellezza della sua scrittura. Campanella è pianista sensibile e bravo nel dipanare il percorso tortuoso della Sonata, con i suoi trilli enigmatici del Finale. Una Sonata scritta in appena due movimenti, ma così densa e tragica, da far comprendere il dolore patito del grande compositore negli ultimi anni della sua vita. Quelli che vedono contemporaneamente la scrittura di capolavori assoluti come i Quartetti e la Nona.
35 minuti di raro Pathos e singolare tensione, che abbiamo potuto ben apprezzare nella eccellente interpretazione di Campanella. Nella seconda parte, la mirabile Sonata in si minore, di cui da sempre il pianista napoletano è protagonista impagabile di grandi interpretazioni, si è dipanata con scioltezza e violenza forse un pochino eccessiva, ma comunque giustificata dal suo notevole trasporto e dalla sorprendente passionalità del suo pianismo.
Alla fine dopo interminabili applausi, due bis garbati e piacevoli, con Mendelssohn e Schubert, hanno concluso il bel concerto.
Alessandro Romanelli