di Lia Lana
Difficile parlarne per chi l’ha vissuto perché è più facile raccontare aneddoti, ciò che è successo piuttosto che darne una definizione. Come sappiamo ce ne sono molti tipi, i quali provocano diverse conseguenze soprattutto a seconda del soggetto che ne viene colpito. Ma chi è il protagonista di questo discorso? È lui il tanto conosciuto bullismo.
Come ben spiega il sito https://www.ospedalemarialuigia.it ,
Il bullismo può essere descritto come una forma di violenza verbale, fisica e psicologica ripetuta nel tempo e perpetuata in modo intenzionale da una o più soggetti nei confronti di un altro al fine di sopraffarlo. Esiste,purtroppo, una tipologia di carattere/personalità più soggetta a essere vittima di violenza perché le persone più sensibili e dipendenti possono essere più facilmente assoggettate a persone più aggressive che cercano di dominarle.
Si dice, inoltre, che il comportamento da bullo nasca a causa di alcuni comportamenti visti in famiglia che il soggetto denominato bullo tende a ripetere.
Alcuni psicologi dichiarano che il comportamento avvenga per vari meccanismi mentali. Il primo sembra essere quello dell’apprendimento e della rivalsa. Ciò significa, ad esempio, che il bullo abbia assistito in famiglia a scene di violenza, tanto che per identificazione e apprendimento le ripete. Questo avviene in classe o nel suo ambiente extra scolastico. Secondo questi studi allora invece, un bambino che ha vissuto la violenza sulla sua pelle, potrebbe subirla. In generale, però, il violento va a ricercare il ragazzo più debole:vittima designata. Per quel che riguarda le mie esperienze personali e quelle di altri posso dichiarare che talvolta anche chi subisce in casa tende poi a ripetere l’esperienza su altri. Questo emerge anche dai miei studi sulle personalità durante il mio corso di coaching. Spesso, sempre secondo ciò che io ho potuto verificare e studiare, la vittima È una persona Pacifica che tende ad essere amica di tutti ma ha delle difficoltà.
Possono essere fisiche, sociali, psicologiche sia positive che negative. Ma inoltre è stato più di una volta provato che “un cervello non può esistere in un corpo malato “. Questa frase che io ho inserito in un mio scritto racchiude l’esperienza di molte persone che hanno capacità ma sono anche malate. Spesso chi si trova in classe una persona con delle difficoltà o disabilità, tende a pensare “poverino, poverino “. Questo però nel senso peggiore, ovvero il pietismo. Altre volte quella frase sta ad indicare che il ‘poverino’, secondo queste persone, può essere rigirato e raggirato allora piacimento perché, se ha delle difficoltà, non può essere intelligente o capace di difendersi. Tuttavia, quando questi soggetti si trovano di fronte a persone intellettualmente in grado di comprendere i loro “giochetti “, si trasformano in bulli pronti a tutto per difendere il proprio status e il loro territorio da qualcuno considerato ancora inferiore nonostante possa avere una lingua tagliente.
Secondo gli studi di alcuni psicologi citati in un’intervista di studenti.it,l’aggressività tra i ragazzi c’è sempre stata. Oggi,però, è in aumento perché la società si è trasformata e si è sottovalutato l’effetto che i media hanno sul bambino che viene lasciato da solo davanti alla ricezione di messaggi continui. Concordo, anche se spesso non è solamente l’uso o l’abuso di televisione, computer, social in genere o altro a formare il carattere del bambino. Non è nemmeno solo la famiglia. Talvolta è proprio la scuola stessa a non fornire i giusti criteri per comprendere cosa sia giusto e cosa no. Molti adulti presenti nelle scuole hanno paura di essere aggrediti, come si sente spesso al telegiornale. Per questo tendono a “difendere,” il bullo e a dire alla vittima di cambiare addirittura scuola (cosa realmente avvenuta il Lombardia nel 2011). Questo fa sì che non solo il bullo, ma anche gli altri componenti della classe, possono intendere che questo comportamento sbagliato tenuto da una persona ed eventualmente dal suo gruppetto di seguaci, sia vincente e utile per farsi strada, visto che sembra essere “premiato”, a differenza di quello positivo di chi viene allontanato appunto spesso capita anche che situazioni di difficoltà familiare, che non includono la violenza, treno invidia e rabbia nel bullo che poi tende a vendicarsi della vittima perché, a suo parere, quella, “ha di più” di lui.
Peccato che, spesso, questo parere del persecutore non sia mai verificato in modo corretto ad esempio con un confronto sincero con la vittima. Io sono molto più esperta del bullismo psicologico che, però, non viene spesso citato all’interno di libri o articoli sull’argomento bullismo in generale. Posso garantire, però, che questo atteggiamento ripetuto nel tempo per infiniti anni scolastici di quello può generare gravi conseguenze. Al telegiornale, durante gli anni in cui studiavo, spesso venivano mostrati i casi di ragazzi che cercavano di uccidersi o si uccidevano a causa del bullismo psicologico, Quindi il mio invito è tentare di approfondire di più questo argomento per evitare di creare danni a molte persone. Non è poi così difficile trovare gli indizi di questo tipo di maltrattamento: la persona può essere isolata da tutta la classe o addirittura fra tutte quelle presenti nell’istituto, la persona – sempre sola – svolge attività artistiche e ricreative durante l’intervallo, come disegnare o scrivere. La vittima è considerata la pecora nera da tutti e pochi hanno una buona parola per lei. Spesso, chi subisce fa amicizia con i nuovi arrivati nella classe, ma già il giorno dopo new entry si dimostrano meno accomodanti nei confronti della vittima. Spesso, infatti, i bulli che attuano una violenta psicologica tendono a minacciare, solitamente in gruppo, accerchiando la persona con cui vogliono “parlare” per evitare che la vittima si faccia amici.
È capitato, durante gli anni in cui studiavo, che alcuni ragazzi fossero invidiosi delle famiglie della loro vittima. Essi non capivano che certe attenzioni che i genitori riservavano ai propri figli, in realtà, erano solo protezione, in quanto le vittime erano disabili. Un padre può accompagnare il figlio a scuola in macchina non solo perché gli vuole bene e gli dà attenzione, ma anche perché il figliuolo ha difficoltà nel movimento. I bulli, invece, costretti ad andare insieme ai propri amici sul pullman non hanno queste problematiche e, spero che sia per questo, non riescono a capirlo anche quando la vittima cerca di spiegarglielo.
Queste informazioni sono state tratte da esperienze di vita personali e di ragazzi conosciuti o sentiti nominare al telegiornale e quindi credibili ed autentiche. Si basano sulle vite di ragazzi degli anni ’90 e primi 2000. Le cose possono essere peggiorate, ma la base è la stessa. Dopo un’intervista dedicata al bullismo svolta da me e da una Psicologa, vorrei rilasciare una beve dichiarazione: se io parlo di insegnanti, presidi ed adulti con un ruolo importante nella scuola che esercitano male il proprio ‘potere’, nessuno si deve offendere. Come ho detto più volte, parlo di esperienze di vita vissuta. Non è corretto che io mi metta a fare i nomi in pubblico di chi, oltre a me, ha vissuto questo sulla sua pelle. Credo che ogni forma di bullismo vada denunciata, pertanto non trovo giusto discutere solo dellw azioni compiute dai ragazzi. Se, in alcuni casi, sono stati istigati da adulti, è giusto dirlo.
E’ accaduto in Lombardia, ma si può ripetere ovunque. Credo che, se una persona si ritiene innocente e lontana da atti di bullismo, che sia adulto o studente, non dovrebbe soffrire per quanto affermo. Semmai, dovrebbe essere grato e tenere gli occhi aperti perchè, anche se non ha mai visto una cosa del genere nella sua scuola, potrebbe accadere. Anche se può sembrare assurdo, dovrebbe credere a chi è stato vittima o testimone. Ricordando quanto raccontato da altri, l’ascoltatore potrebbe riconoscere quegli atteggiamenti e cercare di fermarli.
Concludo con la mia folle idea di cui, però, resto sempre più convinta: se noi tutti, vittime e testimoni di ogni età, ci unissimo contro i bulli potremmo sconfiggerli.
Lia Lana
ph pexeless