Di Raffaele Gaggioli
Sono passati più di cinquant’anni da quando Richard Nixon si recò per la prima volta in visita diplomatica nella Repubblica Popolare Cinese. All’epoca, la Cina era ancora una dittatura maoista afflitta da carestie e da una povertà diffusa.
Le conseguenze della visita diplomatica americana sono ben note: la Cina abbandonò ben presto la sua precedente intransigenza ideologica, adottando una serie di riforme economiche che le hanno permesso di sopravvivere alla fine dell’Unione Sovietica e di diventare una superpotenza.
Per ironia della sorte, ora è il turno del Presidente Cinese di recarsi in visita diplomatica dall’altra parte del pianeta. Nell’ultima settimana, Xi Jinping è infatti stato impegnato in una lunga serie di incontri e discussioni con diversi leader europei.
La mossa di Xi Jinping è dovuta a molteplici fattori. Per prima cosa, il governo cinese vuole ribadire la sua importanza politica ed economica a livello mondiale.
Non a caso, il viaggio del leader cinese è avvenuto meno di un mese dopo la visita del Segretario di Stato americano Anthony Blinken a Pechino. Negli ultimi anni, le relazioni diplomatiche tra Pechino e Washington sono diventate particolarmente complicate a causa delle ambizioni territoriali cinesi contro Taiwan e altre nazioni asiatiche.
La Cina spera quindi di diminuire l’influenza americana in Europa, o addirittura spezzare i tradizionali legami di alleanza tra gli americani e gli europei per rafforzare la sua posizione rispetto a Washington.
In secondo luogo, Pechino vuole rinforzare la sua posizione in Europa, dopo che essa è stata indebolita da diversi fattori. L’uscita dell’Italia dall’iniziativa della Via della Seta (iniziativa strategica e per il miglioramento dei collegamenti commerciali della Cina con i paesi nell’Eurasia) e la sospensione di molti accordi commerciali tra Pechino e Berlino rappresentano infatti un ostacolo per le ambizioni geopolitiche della potenza comunista. Xi Jinping è quindi alla ricerca di nuovi partner europei, la cui alleanza gli garantirebbe un notevole punto di forza rispetto agli americani.
Per ovvie ragioni, due delle tappe del Presidente Cinese sono state la Serbia e l’Ungheria. Entrambe le nazioni sono guidate da governi ritenuti illiberali, le cui ambizioni politiche e/o territoriali si allineano perfettamente con i progetti cinesi.
La Serbia non fa parte dell’Unione Europea e le sue numerose rivendicazioni territoriali contro il Kosovo e gli altri paesi confinanti rendono impossibile una sua futura adesione all’alleanza europea. Sin dall’inizio del conflitto in Ucraina, l’economia serba è stata inoltre danneggiata dalla drastica diminuzione degli scambi commerciali con la Russia.
La Serbia potrebbe quindi facilmente diventare il principale partner europeo di Pechino, dato il suo isolamento internazionale e la crescente influenza cinese nella sua economia. Non a caso, Xi Jinping ha riservato la sua retorica più antioccidentale per questa visita, sottolineando come i bombardamenti della NATO in difesa del Kosovo nel 1999 avessero anche distrutto l’ambasciata cinese a Belgrado.
I due paesi hanno firmato 29 accordi bilaterali, che includono l’aiuto cinese nell’organizzazione dell’Expo a Belgrado, borse di studio, e l’introduzione di voli diretti tra Belgrado e Shanghai.
La parte più importante degli accordi è il sostegno reciproco per le rivendicazioni territoriali contro i paesi confinanti. La Serbia riconosce Taiwan come parte integrante dello stato cinese, mentre la Cina è pronta a sostenere diplomaticamente e materialmente una possibile riunificazione serba con il Kosovo.
La visita ungherese è stata altrettanto importante e redditizia. Sebbene l’Ungheria faccia parte dell’Unione Europea, ormai da anni Budapest ha adottato una politica estera filo-russa che l’ha indirettamente avvicinata a Pechino.
In maniera simile alla Serbia, l’Ungheria si trova in una situazione economica piuttosto instabile a causa della guerra in Ucraina e della riduzione nei rapporti commerciali con Mosca. Questo rappresenta un problema per Viktor Orban, Primo Ministro ungherese, dato che le difficoltà economiche e la corruzione dilagante hanno seriamente danneggiato la sua popolarità.
Il leader ungherese ha quindi accolto la sua controparte cinese a braccia aperte, ribadendo la sua intenzione di far entrare il paese nell’iniziativa di Pechino “Belt and Road” (una nuova versione della defunta Via della Seta). I 16 accordi siglati prevedono infatti la costruzione di industrie cinesi sul suolo ungherese e l’abrogazione di numerose tasse doganali per facilitare il commercio tra i due paesi.
Anche se era facile prevedere che Xi Jinping avrebbe visitato la Serbia e l’Ungheria, ben pochi osservatori potevano immaginare che la Francia sarebbe stata la prima destinazione del capo di stato asiatico. Dopotutto, la Francia è uno dei membri fondatori della NATO e Macron ha finora sostenuto l’adozione di politiche protezioniste contro le merci cinesi.
Tuttavia, Macron sembra consapevole che Pechino potrebbe giocare un ruolo fondamentale nella risoluzione delle crisi che stanno attualmente affliggendo l’Ucraina e il medio Oriente. Non a caso, i due capi di stato hanno anche discusso di una possibile tregua nei combattimenti tra Kiev e Mosca in occasione delle prossime Olimpiadi.
Anche se la visita in Francia non ha portato altri vantaggi economici alla Cina, non c’è dubbio che le discussioni con Macron verranno usate sapientemente dalla propaganda cinese a favore di Xi Jinping.
Raffaele Gaggioli.