Editoriale di Daniela Piesco co-direttore Radici
Premesso che anche non votare è un diritto, se non andiamo a votare lasciamo agli altri ( ossia alle persone che votano)la decisione su dove va uno stato nazionale,un comune,una regione o come in questo caso l’ unione europea e in particolare modo il parlamento europeo.
Quindi dato che il vento soffia a destra ( e non parlo di centristi o di liberali in senso stretto ma di destra conservatrice e illiberale , vedi Ungheria)se non vogliamo sprofondare in un buco nero forse è il caso di fare una scelta e di andare a votare .
Anche se non è facile scegliere chi votare non solo per chi è a sinistra perché oggettivamente c’è poca trippa per gatti, ma anche per le persone di destra che non sono post fasciste(del resto l’ unica cosa che riescono a fare entrambe è genuflettersi alle lobby) sappiate che per le elezioni non è previsto un quorum come per il referendum, dunque le elezioni varrebbero anche con un solo voto( ad esempio quello del politico candidato).
L’astensionismo porterebbe solo ad un risultato meramente ideologico ossia dimostrerebbe un forte dissenso ma come sappiamo ai politici non interessa chi non vota ma chi vota perché è grazie a loro che poi governano.
Anche se l’erosione del bacino di elettori è un processo che riguarda non solo l’Italia ma anche gli altri Paesi europei, bisognerebbe anziché guardare l’erba del vicino, che in questo caso non appare più verde della nostra, soffermarsi sul nostro giardino: i politici dovrebbero chiedersi,senza falsi moralismi e retoriche fini a se stesse , perché gli italiani votino sempre meno. Ma a quanto pare la destra e la sinistra si sono abituate ,da tempo,a governare (o a fare opposizione) accettando che il principale partito sia, di gran lunga, quello del non-voto.
Difficile, in conclusione, proporre strategie per rimotivare al voto chi (per ora) non vuole saperne. Tuttavia, porsi il problema e, magari, mettersi in dialogo (e in ascolto) di questa parte (consistente) della società italiana potrebbe far scaturire qualche nuovo e benefico percorso.
E poi bisogna coinvolgere i giovani e i ragazzi, perché si rendano presto protagonisti di una pagina nuova della politica italiana.