Nel 1899 Mary Beeton diede inizio alle indagini finalizzate a capire se la longevità fosse ereditaria, consultando documenti di famiglia e affidabili registri inglesi osservò che i padri longevi avevano figli longevi, fu un primo passo per dare alla longevità una caratteristica di ereditarietà con l’ovvio e banale consiglio di scegliersi genitori longevi per assicurarsi una lunga vita. Successivi studi evidenziarono che l’età dei figli maschi era più influenzata da quella della madre che non da quella del padre, facendo emergere così l’importanza della genetica mitocondriale.
Le donne vivono più degli uomini per il fatto che il DNA mitocondriale si riceve solo dalla madre e la selezione naturale elemina le mutazioni legate al sesso in maniera più efficiente nelle femmine che hanno due cromosomi X ma non nei maschi che hanno un cromosoma X e uno Y. Come sanno bene gli studiosi di anatomia, l’embrione di base è femmina e solo nel suo successivo sviluppo può differenziarsi in maschio. La scienza da tempo ha messo a punto dei test sul Dna per valutare lo scarto positivo o negativo tra età anagrafica e età biologica. Tra i test più rilevanti c’è il test dei telomeri, che sono piccole porzioni di Dna che si trovano alla fine di ogni cromosoma. Gli scienziati sono oggi concordi nell’affermare che la loro lunghezza costituisce uno degli indici essenziali dell’età biologica in rapporto inversamente proporzionale: cioè, più sono corti più alta è la nostra età biologica. Il test si esegue da un tampone buccale o di saliva che viene poi analizzato in laboratori specializzati. Dal risultato si stabilisce la lunghezza dei telomeri e da lì l’età biologica. Altri test analizzano altri elementi del Dna, ad esempio i livelli di metilazione del codice genetico, sempre con lo stesso obiettivo di stabilire la misura di accelerazione dell’età, ovvero se si invecchia di più o di meno rispetto al tempo che passa. Il DNA trasmesso dalla madre è vincente per un potenziale di Longevità che ci viene assicurato alla nascita e che poi facciamo di tutto per alterare. Ricordo che quando ero un giovane informatore scientifico del farmaco, un saggio medico di famiglia, a fine carriera, mi faceva notare che… facciamo di tutto per rovinare la nostra salute sino a 50 anni e poi vogliamo recuperare senza sforzi una sana direzione di longevità. Si spera cioè di diventare centenari e rientrare tra i cosiddetti sopravvissuti, cioè quelli che tirano avanti nonostante i problemi di salute oppure tra i ritardatari che iniziano a star male in tarda età, o meglio ancora tra i fuggitivi che non hanno patologie evidenti. Un’aspirazione che mette sotto pressione l’assistenza sanitaria pubblica sempre più carente o per citare un altro medico di famiglia di un piccolo paese, stressato dalle continue richieste di pazienti in ogni luogo e a ogni ora, al mio formale come va dottore? Mi rispose con uno sconfortato e paradossale …qui non vuole morire più nessuno!
Umberto Palazzo
editorialista del http://corrierenazionale.net