Permettetemi di fare un inchino virtuale al maestro, la soffitta dei libri è onorata di averlo e non importa la polvere
‘Ragazzi di Vita’ è il primo successo di Pier Paolo Pasolini, pubblicato da Garzanti nel 1955 e successivamente, in ristampa, nel 1975. E’ un libro che si legge come una poesia popolare, quasi in apnea.
Pensato da tempo da Pasolini quando lo pubblica subito apparve come un esperimento di trasferimento del linguaggio, tirato su dal sottoproletariato urbano, e messo a disposizione di un vasto pubblico e addetti ai lavori.
Pensate quale operazione culturale e linguistica, a parte i contenuti del testo, da allora le vulgate assonanze romanesche sono entrate nelle forme artistiche, non solo, ma anche il sottoproletariato si mostra in una realtà diversa.
Pier Paolo Pasolini è certamente uno dei maggiori artisti e intellettuali italiani del XX secolo. Ha usato tutte le arti espressive, dalla poesia, al teatro e al cinema, nella letteratura romanzata, nei saggi politici entrando e lasciando suoi ricordi anche in redazioni giornalistiche.
Cos’era la Roma appena dopo la seconda grande guerra?
Il romanzo entra in questo mondo di periferia dove protagonisti sono adolescenti appartenenti al mondo del sottoproletariato urbano, ragazzi che vivono alla giornata, di espedienti, arrangiandosi come possono, cercando di accaparrarsi ogni genere di oggetto che possa essere rivenduto: tombini di ferro, copertoni, tubi, generi alimentari. Perfette assonanze con le attuali periferie di tutto il mondo.
Il Riccetto – questo è il nome di uno dei ragazzi -, dopo aver racimolato del denaro affitta una barca e con gli amici fa il bagno nel Tevere.
La scuola che ospita gli sfrattati crolla, investe e uccide Marcello, un amico del protagonista.
La storia va avanti cosi, con furtarelli, scontri con la polizia, piccoli impieghi, frammenti di vita in cui non c’è un solo protagonista, ma sono tutti insieme legati dalla condizione sociale e dall’età.
Dopo tre anni i giovani si rincontrano al fiume, dove fanno il bagno. Ecco il tempo che passa, il lavoro non più saltuario, la città che avanza, il tutto è un affresco popolare di un artista che lega la pietà all’arte.
Un romanzo di una crudezza che fu certamente inconsueta per il periodo in cui fu pubblicato.
Scrisse un autorevole storico della letteratura, Gianfranco Contini, a proposito
della natura del romanzo picaro-romanesco:
” singolare che per esso, narici ordinariamente indulgenti si siano credute in dovere di di farsi tanto emunte. Non è un romanzo? Difatti è in un’imperterrita dichiarazione d’amore, procedente per ‘frammenti narrativi’; all’interno dei quali, peraltro, sono sequenze intonatissime alla più autorevole tradizione narrativa, quanto dire ottocentesca”.
Un altro grande della letteratura è Alberto Moravia che cura l’introduzione.
Scrive, a proposito dell’autore del nostro libro: ” Pasolini era immigrato a Roma dal Nord, era andato a vivere in modesto alloggio di periferia, si guadagnava la vita insegnando nelle scuole medie. E’ in quel tempo. che si situa la sua grande scoperta del sottoproletariato come società alternativa e rivoluzionaria, analoga alle società protocristiane ossia portatrice di un incognito messaggio di umiltà e povertà da contrapporre a quello edonistico e nichilista della borghesia”.
Ecco il nostro libro di oggi, da oltre 40 anni nella nostra soffitta, ultima edizione del 1975, un libro di un comunista populista romantico, come ricorda Moravia, ” animato da pietà patria, da nostalgia filologica e da riflessione antropologica, radicato nella più arcaica tradizione ed al tempo stesso proiettato nella più astratta utopia”.
Onore ai maestri!
LA RETE