Il cortometraggio che celebra l’inizio di un mondo senza fine.
di Carmen Marinacci
Questa volta nessun riferimento a rinomati registi o premi da competizione. Voglio parlare di un gruppo di ragazzi, di un progetto, di un’idea, di un regalo. Quello fatto ad una città.
La fine del mondo è il cortometraggio realizzato dai ragazzi del laboratorio di Nuove Tecnologie dell’Arte allestito dall’Accademia di Belle Arti di Napoli. Capirete che il risultato non può che essere un piccolo grande omaggio alla bellezza. Il ritratto di una musa: Napoli.
La pellicola, come un gioco di scatole cinesi, racchiude tante piccole opere, ritratti, paesaggi, orizzonti privi di confine e gigantografie di piccoli dettagli condannati all’oblio. Nonostante sia il risultato di una fucina di menti eclettiche e sfuggenti al razionale, non sentitevi inadatti, non c’è alcun messaggio criptico da svelare. Bisogna solo saper guardare. Ed ascoltare.
Abbandonato ogni parametro stilistico, ritroviamo elementi speculari che riescono a coesistere: chiaro-scuri e colori abbaglianti, la tragedia e la gioia, la povertà e la ricchezza, il silenzio ed il rumore. Insomma le contraddizioni che contraddistinguono l’una, cento, mille Napoli.
Il messaggio arriva forte e chiaro. Senza filtri. Così com’è Lei.
E’ un piccolo viaggio sensoriale che riattiva le percezioni, costantemente alle prese con ossimori che si traducono in un’inebriante confusione. Napoli è il suono di una sguaiata cantilena popolare ma anche di lingue globalizzati; il sapore del cibo fumante dal nome regale e quello assente della vergogna verso i propri figli; la vista rinchiusa da un vicolo soffocante e quella di un panorama ad angolo giro; il tocco della ceramica liscia di un pastore in miniatura e dei soldi sudici di razzia; il profumo della schiuma bianca scagliataci da Nettuno ed il puzzo delle voragini di Lucifero.
Una, cento, mille Napoli. E’ la città che sconta quotidianamente i propri errori, riportati costantemente alla memoria dallo sguardo beffardo e dalle aride pronunce di chi guarda ma non vede, ascolta ma non sente.
Ma non Lei non la si abbatte. Lei non sprofonda. Anzi riemerge depurata, grazie anche a questi soldati dalle armi spuntate ma taglienti, che fanno muro per difenderla, aprendo però dei varchi per chi accoglie e condivide.
Questo corto infatti è stato presentato in occasione dell’edizione 2018 di #CUOREDINAPOLI svoltasi nei Quartieri Spagnoli, progetto ideato e realizzato dal Corso di Nuove Tecnologie dell’Arte dell’Accademia di Belle Arti di Napoli, in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli ed alcune associazioni e cittadini che vivono il territorio. Obiettivo è quello di portare alla luce una delle anime di Napoli. L’assenza di paura del diverso. La sua innata ed indistinguibile voracità nell’inglobare, di lasciarsi attraversare per donare parte di sé, riuscendo sempre però a conservare la sua impronta per chi resta.
Uno scambio che genera bellezza.
La pellicola, come ogni accezione partenopea che si rispetti, è “abbondante”. Basta da sé. Perché è un continuo scorrere di parole e immagini. Verremo guidati in un viaggio, dove guarderemo attraverso gli occhi di Ilario Franco e navigheremo sulla melodia rauca dell’inconfondibile voce di Renato Carpentieri. Le parole sono semplici, ma diventano uniche, perché sono cucite su di Lei ed assumono un nuovo significato.
E’ una città invadente, ma che ti invade.
E’ una città che sopravvive, ma che ti dà vita.
E’ una città infernale, ma che ti porta in paradiso.
Il corto è la declamazione di una poesia contemporanea; il suono è ammaliante, ma ci scaraventa in un realismo decantato.
Perché se si decide di amarla, bisogna abbracciare anche il suo buio, così da poter creare insieme una nuova luce.
E, credeteci… sarà la fine del mondo.
Lo trovate su Youtube.