Foto SSC Bari
In una serata di calcio che prometteva tensione e passione, il Bari si è trovato di fronte non solo a una sconfitta, ma al baratro di una retrocessione che sembra ormai segnata. Cosa che ricorda amaramente la famosa frase di Gabriel García Márquez: “È la cronaca di una morte annunciata”. Questo parallelismo letterario non fa che sottolineare la tragica inevitabilità che ha segnato il destino del Bari in questa stagione calcistica.
Era una partita cruciale, quella contro il Cosenza, un incontro da non perdere assolutamente e, al minimo, da non sbagliare. Tuttavia, la realtà si è rivelata amara, poiché la squadra ha subito un duro colpo, precipitando direttamente verso la retrocessione diretta. La sensazione di disfatta era palpabile già nei primi minuti, quando la squadra ha subito ben due gol in 17 minuti per giunta in collaborazione con due ex, Marras, e Tutino, un’abitudine dolorosa che si è ripetuta troppo spesso in questa stagione.
Le lacrime di Di Cesare di due giorni fa hanno rivelato una comprensione profonda del destino che attendeva la sua squadra. Una squadra inesistente e indegna per il suo modo di presentarsi sul campo. Questo non è solo il fallimento di una singola partita, ma il collasso di un intero sistema che sembrava promettente solo pochi mesi fa o quantomeno prometteva un campionato mediocre come tanti a cui abbiamo assistito. Un sistema che ora lascia il Bari senza professionalità, dignità.
La gestione della squadra è stata segnata da errori gravi, da lotte intestine nello spogliatotio che hanno eroso il morale e da decisioni manageriali discutibili che hanno portato alla perdita di un patrimonio tecnico una volta rispettato. La retrocessione, quindi, non è solo il risultato di una cattiva gestione, ma anche la conseguenza di un’illusione pericolosa di poter replicare o migliorare i risultati dello scorso anno con risorse limitate e una visione a breve termine.
Guardando al futuro, la strada per la salvezza sembra quasi impraticabile. Con avversari come Parma, Cittadella e Brescia che lottano con tutte le loro forze per i loro obiettivi stagionali, il Bari si trova ad affrontare una situazione disperata. Questo contesto ci ricorda la dura realtà del calcio, dove il fallimento è tanto parte del gioco quanto il trionfo. Come il famoso filosofo Friedrich Nietzsche potrebbe osservare, quello che non ci uccide, ci rende più forti. Tuttavia, nel caso del Bari, ci si chiede se questa squadra possa davvero trovare la forza per rialzarsi.
Così, mentre i tifosi continuano a mostrare un supporto commovente, la realtà è che tutti nell’organizzazione del Bari hanno avuto la loro parte di responsabilità in questa crisi. Da una gestione che ha sottovalutato i pericoli, agli errori tattici e strategici, fino ai conflitti non risolti tra i giocatori. Questo è un momento di riflessione profonda per il Bari, una riflessione che potrebbe determinare il suo futuro nei ranghi del calcio italiano.
Maita continua ad essere convinto che la sua sia una squadra forte: convinto lui, convinti tutti. Che si esoneri il quarto allenatore, ora. Su, coraggio, aspettiamo il quinto.
Massimo Longo