Pillole Di Longevità: rubrica ideata e curata dal dottor Umberto Palazzo
L’homo neanderthalensis è chiamato in questo modo dal nome del luogo in cui sono state ritrovate le sue tracce nella valle (in tedesco thal) del fiume Neander, in Germania vivino a Dusseldorf. Nel 1863 furono descritti i primi fossili di quelli che sono i parenti evolutivi più prossimi dell’Homo sapiens. Non è un fatto sorprendente, dato che sono stati a lungo considerati il modello dell’anello mancante tra la nostra specie e i primi e scimmieschi antenati pre-umani. Inoltre, i Neandertal erano genuinamente europei e, soprattutto, scomparvero senza lasciare traccia. Per un certo periodo sapiens e neandertaliani si sono incrociati, riproducendosi con successo e dando origine a individui ibridi che, a
loro volta, si sono riprodotti più tardi. L’eredità di questa interazione è percepibile ancora oggi, dato che tutti gli esseri umani attuali posseggono tra l’uno e il quattro per cento di DNA neandertaliano nel proprio genoma. Gradualmente i Neandertaliani si sono estinti e un’ipotesi interessante per giustificare la loro estinzione è quella che non vivendo a lungo (circa 30 anni) non avessero nelle loro comunità soggetti anziani capaci di insegnare a come reagire a situazioni estreme, come quelle in cui mancava la carne di animali da cacciare o i vegetali da raccogliere. Gli anziani di sapiens che avevano una vita media di circa 60 anni conoscevano bene vegetali, semi e bacche anche dal gusto repellente, ma capaci di sfamarli e salvare la vita durante carestie o battute di caccia improduttive.
Il più famoso dei Neandertaliani italiani è l’Uomo di Altamura, caduto in un inghiottitoio carsico mentre inseguiva una preda da cacciare, una sua riproduzione fedele e a grandezza naturale è visibile nel Museo di Altamura grazie alle approfondite ricerche del prof. Vittorio Delfino Pesce Pesce antropologo dell’Università di Bari. Ho conosciuto il prof.Delfino Pesce come studente negli anni 70, nessuno come lui ti incoraggiava al dialogo anche in sede di esami , quella maglietta un pò sbiadita e l’aria sorniona te lo rendevano subito amico, rispetto agli altri docenti che ostentavano pomposi papillon.
Il professore era aperto verso il nuovo che arrivava, sia nella tecnologia che nell’insegnamento e si proiettava verso una carriera universitaria e di scrittore di grande successo. Se ne è andato il giorno dopo in cui è stato svelato il volto ricostruito dell’uomo di Altamura, al cui studio e valorizzazione aveva dedicato circa 15 anni della sua vita.
L’antropologo barese Prof.Delfino Pesce, studioso dell’Uomo di Altamura
L’articolo Una Società senza anziani è destinata all’estinzione? Un’ipotesi dall’Uomo di Altamura è già apparso su Il Corriere Nazionale.