Del 8 Aprile 2024 alle ore 12:55

Si è svolto venerdì 5 aprile 2024 presso il Multicinema Teatro Mangiatordi di Altamura un incontro-dibattito sul tema della “successione nelle PMI familiari”, ovvero del ricambio generazionale.

L’evento è stato organizzato dalla A.M.I/Associazione Murgiana Imprenditori di Altamura e dal C.I.M/Consorzio Imprese Murgiane di Gravina in Puglia  col patrocinio della Confindustria Puglia Giovani Imprenditori e  Confindustria Basilicata.

Prof.ssa Marina Puricelli

Ospite, la prof.ssa Marina Puricelli, Direttrice del Corso General Management PMI SDA  Bocconi.

Dopo i saluti del Presidente Nicola Palasciano dell’A.M.I. e del Presidente Fedele Marchetti del C.M.I. sono intervenuti  Domenico Lorusso e Marilù Fiore rispettivamente Presidente Giovani Confindustria Basilicata e Vice presidente Giovani Confindustria Basilicata.

Il ricambio generazionale è stato da subito detto durante il saluto di Domenico Lorusso che non  va  fatto in un determinato momento per passare il testimone a qualcuno; piuttosto va programmato  con rispettosa lungimiranza.

Marina Puricelli, docente alla Bocconi, aziendalista,  figlia di imprenditore e sposata con un imprenditore, si occupa da 30 anni di piccole e medie imprese; un tema che fa parte della sua vita.

L’Italia, ha esordito, è un paese di imprenditori, con vocazione  prevalentemente manifatturiera a cui viene molto bene  fare  mobili, moda, scarpe, la cui tradizione affonda nel lontano passato dalla caduta dell’impero romano;  dai   conventi benedettini sono nate  le cellule manufatturiere , da cui si è sviluppata nel tempo  una fittissima e robustissima rete.

Le 4 caratteristiche che rendono speciale la piccola impresa sono: le ridotte  dimensioni; la proprietà familiare; guida imprenditoriale; e la vocazione manifatturiera; queste caratteristiche congiuntamente  esistono solamente  in Italia.

Purtroppo il rovescio della medaglia della figura dell’imprenditore medio italiano  è che puzza  di  ignoranza;  che ha fatto soldi con un sistema di intrallazzi,   diventando  uno stereotipo  nell’immaginario collettivo.

L’imprenditore è purtroppo ridicolizzato proprio per questa attitudine che tutti i giorni i mass media sbattono in prima pagina.

Purtroppo se perdiamo il sistema manifatturiero, saremo alle pezze. Questo modello non va vilipeso, deprecato, perché se dovesse sparire questa ossatura imprenditoriale, potremo diventare colonia delle multinazionali, dando spazio solo ai servizi.

Le 4 caratteristiche innanzi indicate  non vanno disperse.

Secondo dati raccolti nel 2023  dall’economista Marco Fortis, ha aggiunto M. Puricelli, l’Italia è fatta da piccole imprese, con la famiglia dentro dedita alla fabbricazione di prodotti tradizionali; il sistema Italia si è attestato al  5^ posto  al mondo con 630 miliardi di fatturato per esportazione dopo il Giappone, nonostante la differenza di popolazione tra il nostro Paese e il Paese del Sol Levante molto più popoloso.

Pubblico

E’ stato accertato, secondo stime nazionali, che l’Italia ha registrato  nel 2023 la massima occupazione. Insomma, chi  paga gli stipendi? Sono le piccole-medie imprese.

Siamo il 6°  paese al mondo con robot antropomorfi al mondo, zeppe di macchinari di altissima tecnologia.

Non apprezzare il sistema italiano, significa distorcere la realtà.

Per le piccole imprese non è necessario  quotarsi in borsa, perché le fees”/parcelle ai consulenti sono esorbitanti,  non se le possono permettere.

Piuttosto dobbiamo riconoscere il modello di sviluppo delle nostre imprese che sono un esercito. Sappiamo come funzionano le imprese quotate in borsa o a capitale misto che dopo pochi anni spariscono.

La piccola impresa familiare a guida imprenditoriale, va gestita bene; è quello che fa parte del nostro DNA.

Il secondo  tema è la famiglia che può diventare nepotismo nel   passaggio generazionale.

Il nepotismo, detto anche familismo è un modo    di gestire  l’azienda nel solco della  tradizione di famiglia; il primo dei figli, anche se non particolarmente dotato con poche virtù, viene nominato capo dell’impresa o messo in un posto chiave. Questa decisione non va bene; la scelta va ponderata e valutata per il bene dell’azienda

Altro aspetto è il familismo negativo, da clan; non entrare nella conduzione dell’azienda  di famiglia,  significa tradimento.

Ulteriore aspetto è discriminare, discernere, guardare le differenze tra i figli, che non sono tutti uguali e quali ruoli assegnare loro; di base sono 4: da proprietario con una quota societaria; avere una certa dose di attitudine, come sapere leggere il bilancio; oppure scegliere la formula dell’equità con quote societarie uguali.

Altro ruolo del figlio erede, o designato alla guida dell’azienda,  sono le caratteristiche  da imprenditore; deve vedere cose che la gente comune non vede, una specie di visionario che intercetti una nicchia di mercato ad altri non percepita. Dev’essere uno che regge il rischio, che non dorme la notte, con una punta di acuto  decisionismo

Il manager, è un mestiere che si insegna nelle università; mentre il mestiere di imprenditore si impara dappertutto sulla propria pelle, sulla strada,   perché sono doti innate nel soggetto.

L’imprenditore inoltre è definito un eroe; mentre  il manager è uno di metodo; insieme possono diventare  una  coppia fantastica; in azienda due fratelli con questi ruoli sono in una posizione vincente.

Chiaramente ci sono figli o figlie che non sono interessate ad occupare ruoli importanti, se non come impiegato esecutore; infine può essere socio.

Proprietario, imprenditore, manager, esecutore, sono ruoli troppo spesso confusi.

Da sinistra: Nicola Palasciano; Corrado Santoro; Fedele Marchetti; Antonio Tesoro

Discriminare, è stato ribadito più volte, è importante per il bene dell’azienda; se affrontare questo tema con il proprio figlio o con un parente è mortificante,  allora bisogna far  intervenire il commercialista esterno che possa chiarire il tema per evitare scontri in famiglia.

I migliori imprenditori non sono laureati; il percorso di un imprenditore può essere quello di un figlio scalmanato perché ha delle idee speciali.

Non guasta mandare un figlio all’estero, magari in una piccola azienda per un confronto, ma non in una multinazionale perché il divario di  esperienza sarebbe enorme.

Se l’azienda è arrivata al capolinea nel suo settore,  vuol dire che il mercato si è saturato. in tal caso, il figlio che ha percepito tale difficoltà,  deve entrare  a gamba tesa per innovare la  produzione o diversificarla; se le condizioni non le permettono, il figlio dovrà decidere di andare via.

  

L’articolo Il ricambio generazionale nelle imprese italiane – lectio magistralis di Marina Puricelli della Bocconi è già apparso su Corriere di Puglia e Lucania.

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