Del 28 Marzo 2024 alle ore 09:12

L’io e il mondo in “La fenomenologia del mondo sociale” di Alfred Schütz non sono “né ontologici né metafisici”.

L’io considerato è un “ego mondano-sociale” all’interno di una simultaneità spazio-temporale ove l’individuo vive a diversi livelli della propria personalità: “L’attore nella scena sociale é differente dal modello concettuale di attore dello scienziato sociale: è imprevedibile, è libero e non conoscibile, è una persona reale”.

Il dualismo tra mente e natura

“La soggettività, la coscienza (in cui si costituisce l’esperienza del mondo della vita) viene cancellata e vista come dipendente dalla natura: le oggettivazioni ideali si sostituiscono alle cose empiriche. Per superare il naturalismo e l’oggettivismo, il dualismo tra mente e natura è necessario ricollocare il processo costitutivo sulle sue basi”: svelarlo.

Il sociologo fa riferimento ai suoi momenti di studio, descrive lo svolgersi dei suoi pensieri, ciò che appare ai suoi occhi: carta, mano, tavolo, alberi, montagna, rumori per far notare come l’atto scientifico, per esempio, è composto ”da attività eterogenee: è il tema che consente di vivere il tutto come unità”.

L’io di Husserl e la critica di Schutz

Nella quinta Meditazione cartesiana, Husserl declina l’ego in molte modalità: “l’identico io, l’universale eidos, l’ego trascendentale at large, l’ego mondano, l’ego trascendentale, l’io-psicologico” etc.

“In questo modo”, sostiene Schutz, “modifica il concetto di ego e crea una pluralità di soggetti trascendentali, laddove l’ego è un ‘singular tantum’ , l’esito di questo percorso è la nascita di un soggetto ‘artificiale’. L’ego non può essere declinato tramite la pluralità: se la coscienza è il luogo della costituzione dei significati essi vanno imputati ad un ego che è l’io polo di ogni costituzione e di ogni atto: non ci sono due ego ma uno stesso ego”.

L’ego schutziano è un “ego mondano–sociale”, l’austriaco parla di “personalità parziali” dei “me che ottengono ricomposizione unitaria nell’atteggiamento naturale”: siamo di fronte ad un ego “non ontologico o metafisico”.
Schutz pone una domanda cruciale: “qual è la relazione tra l’io e il me?”

Il nostro affronta, con fine analisi, il tema dell’io, del tu in un ben definito contesto: “nell’incontro diretto; nel vivere nei propri atti, nel proprio decorso di coscienza si possono cogliere i vissuti dell’altro: si assumono due decorsi in un atto unitario”.

L’altro e l’io

L’altro deve essere presente perché “solo nell’incontro diretto si può cogliere l’ uguaglianza strutturale dei flussi di coscienza: è la prova che l’altro è simile a me”.
Il dialogo costituisce l’esempio principe della relazione socio-ambientale: “l’altro costruisce il suo discorso frase dopo frase, io seguo il costituirsi dei suoi significati, il mio vissuto si costituisce in modo parallelo al vissuto dell’altro”.

E ancora “il mio e il suo flusso di coscienza sono paralleli tra loro e si svolgono parallelamente a un evento esterno (il suono delle parole)… dell’altro mi sono dati anche quei vissuti non colti da chi li pone in essere: colgo e interpreto i nessi di senso soggettivi, seguo il costituirsi del discorso altrui, noto il tono della voce, le espressioni del volto e i gesti”.

Il concetto di contemporaneità di Bergson

Schutz fa proprio il concetto di contemporaneità di Bergson: “sono contemporanei due flussi che, per la mia coscienza, sono uno oppure due a seconda che essa li percepisca congiuntamente come uno scorrere unico o li tenga distinti o voglia fare queste due cose il tu è contemporaneo all’io, il tu è quella coscienza ai cui atti sono in grado di rivolgere lo sguardo in contemporaneità”.

Si ha “una simultaneità spazio-temporale tra due vissuti ed un’uguaglianza strutturale dei flussi di coscienza: la contemporaneità necessita della simultaneità spazio-temporale”.

La struttura della coscienza

Il problema della struttura della coscienza viene affrontato attraverso le “province finite di significato: il campo di coscienza viene strutturato dal soggetto: ci sembra di vivere all’interno della provincia’ assunta provvisoriamente come principale, ma questa è un’immagine semplificata del flusso di coscienza; in realtà: viviamo simultaneamente, a diversi livelli della nostra personalità, in più ‘province’ ed in diversi livelli della vita conscia”.

L’attività dello scrivere, ad esempio, il suo libro per Schutz “è tematica a tutte le altre attività periferiche, la prevalenza del tema crea l’apparente unificazione delle attività e conferisce l’accento principale di realtà alla contemplazione teorica” mentre “le altre attività ci appaiono subordinate”.

Il mondo e la vita

Per Schutz, base di ogni scienza è il prescientifico mondo della vita quotidiana: “l’uomo ha esperienza del mondo della vita in esso; per esempio: fa esperienza di figure solide ma il processo costitutivo viene occultato e capovolto: le idealizzazioni geometriche della scienza della natura sono assunte come il vero essere non come un metodo”.

Il filosofo austriaco critica Husserl per aver modificato il significato del concetto di costituzione e parla di una “modificazione metafisica del metodo” per esempio ”nella rinuncia ad assumere l’intersoggettività come un dato del mondo della vita quotidiana” e ancora: “Husserl spiega la costituzione nella sfera solipsistica. Il mondo della vita è il mondo dell’esperienza non il mondo tout-court. Lo status ontologico della realtà non è costituito dal soggetto trascendentale. Il termine trascendentale ha un senso ben più ampio di quello kantiano e indica una filosofia caratterizzata dal ritorno alle fonti ultime dei costrutti conoscitivi: la problematica trascendentale si aggira intorno ai rapporti di questo io con il mondo di cui è cosciente”.

Conclusione

Il compito della fenomenologia è indagare il mondo della vita, evidenziare la relatività dell’esperienza del mondo alla coscienza.
Il concetto di costituzione (chiarificazione di senso), nella riflessione schutziana, é depurato da ogni elemento metafisico: “resta ancorato al carattere descrittivo della fenomenologia” e ne sono rilevati “i sottostanti stati predicativi dell’esistenza da cui originano oggetti reali, ideali e la stessa logica”.

Per la metodologia schutziana si può a ragione parlare “di un fondamento debole, non un ultimo ma del punto più radicale cui si può giungere con gli strumenti della fenomenologia che, però, non può risolvere il problema ontologico come credeva Husserl.
I fenomeni, l’oggetto di partenza dell’indagine filosofica-scientifica, non vanno identificati con i fatti e con i dati oggettivi.
La presunta autonomia dei fenomeni dalla sfera della soggettività presuppone un punto di vista incapace di comprendere come il loro senso venga acquisito solo nel rapporto che si stabilisce con un soggetto conoscente.
Bisogna risalire alla soggettività che produce le validità del mondo soggettivo e oggettivo”: hic Rhodus, hic salta.

L’articolo L’io e il mondo è già apparso su Il Corriere Nazionale.

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