Del 23 Marzo 2024 alle ore 06:05
Oggi parteciperò a Eboli alla manifestazione, per la pace in Palestina.
Lo farei anche per le attuali 22 guerre con armi pesanti combattute nel Mondo, se fossero organizzate: Siria, Yemen, Sud Sudan, Repubblica Centrafricana, nord del Mozambico, Nord Kivu e Ituri della Repubblica democratica del Congo, Tigray in Etiopia nonché ancora in Iraq, Nigeria, oltre alla guerra russo-ucraina, quella turca contro i Kurdi, e altre.
I 40 morti e 145 feriti dell’attentato nella sala concerti del Crocus City di Mosca , segna un altro
passo della escalation globale
Fossi un ebreo alle richieste attuali di elezioni sosterrei senza alcuna riserva l’ex primo ministro Yair Lapid, che appena due anni fa intervenendo all’Assemblea Generale dell’ONU, presentò “Un accordo con i palestinesi, basato su due stati per due popoli, è la cosa giusta per la sicurezza di Israele, per l’economia israeliana e per il futuro dei nostri figli”, e ponendo comunque una condizione: «Che un futuro Stato palestinese sia pacifico. Che non diventi un’altra base terroristica da cui minacciare il benessere e l’esistenza stessa di Israele. Che avremo la capacità di proteggere la sicurezza di tutti i cittadini di Israele, in ogni momento. La maggior parte degli israeliani sostiene una soluzione a due stati: e io sono uno di loro. La pace non è un compromesso. È la decisione più coraggiosa che possiamo prendere».
Parole simili le pronunciò anche Benjamin Netanyahu, nel 2016 quando era premier, anche se poi ha cancellato l’argomento dal suo vocabolario, come tutti i partiti di destra, arrivando a proporre nel 2020 con Donald Trump, il fallimentare Accordo di Abramo.
Accordo tra quattro paesi arabi e Israele conclusi nel 2020. Questi accordi sono stati pubblicizzati come promozione della pace, in Medio Oriente. Questa guerra come tutte le guerre non è conseguenza primaria e fondamentale di tensioni religiose, etniche, civili anche se viene presentata così, ma come dispute economiche.
Molti analisti affermano che l’attacco di Hamas a Israele aveva come obiettivo e, ci sono riusciti quello far saltare gli Accordi di Abramo che mirano a normalizzare i rapporti tra Israele e i grandi detentori arabi di gas e petrolio inserendoli, in rapporti commerciali con i paesi occidentali.
I palestinesi sono proprietari di importanti riserve di petrolio e gas naturale, nell’area C della Cisgiordania (circa il 60% dell’area a cui è negato l’accesso ai palestinesi) e sulla costa mediterranea al largo della Striscia di Gaza, e appartengono al bacino del Levante con quantità pari a 650 miliardi di metri cubi di gas e 1,7 miliardi di barili di petrolio, e che si estende dal Sinai egiziano fino alla Siria.
Secondo alcune stime più di 500 miliardi di dollari, potevano essere prodotte da queste risorse energetiche che avrebbero potuto promuovere la pace e o sviluppo tra Israeliani e Palestinesi.
Altro effetto della guerra è l’aumento di valore dei titoli delle società, che producono armi. Basta pensare alla nostra Leonardo.
IL prolungamento delle guerre genera plusvalenze finanziarie.
La guerra a Gaza è anche anzi soprattutto, parte dello scontro tra occidente da una parte a“ trazione” USA e l’oriente a conduzione cinese: tesi sostenuta da economisti come Brancaccio e altri.
Lo scontro è su fattori materiali e interessi economici che alimentano la guerra.
E’ noto che le posizioni nette internazionali, di Stati Uniti, Regno Unito e vari altri paesi occidentali presentano ingenti debiti esteri, mentre la Cina, altri paesi orientali e, in una certa misura, la Russia hanno una posizione creditizia esterna. La conseguenza è lo spostamento di capitali da oriente a occidente usato anche per l’acquisizione di attività importanti occidentali. La deglobalizzazione nasce da questa questione. Da qui nasce l’adozione della cosiddetta politica“ fried shoring” un neologismo che significa rilocalizzare alcune fasi della produzione in paesi amici, che condividono il sistema di valori e gli interessi oltre che l’allineamento geopolitico del paese di riferimento.
Una chiusura protezionistica sempre più dura verso beni e capitali provenienti da Cina, Russia e gran parte dell’Oriente non allineato.
Anche l’Unione Europea si è unita, a questa svolta protezionistica guidata dagli americani. L’obiettivo è ridurre al minimo l’esposizione del sistema produttivo alle rappresaglie economiche di paesi rivali e spesso avvicinare la produzione al territorio nazionale.
Infine a ulteriore riscontro della violenza del confronto tra i due imperialismi c’è la questione dell’IMEC (India Middle East Europe Economic Corridor) e il ruolo che questo ha nella competizione cruciale fra Usa e Cina.
L’Imec è stato presentato al vertice del G20 a Nuova Delhi (settembre 2023) con un memorandum d’intesa firmato da India, Eau, Arabia Saudita, Francia, Germania, Italia e UE e prevede un esplicito ruolo, per Israele con l’obiettivo finale di dar vita a un’alternativa alla via della Seta cinese e al Corridoio nord-sud indiano-russo.
Solo un condiviso a breve, negoziato di pace potrà allontanare dal Mondo le Megaminacce che incombono. Un Armageddon nucleare, il rischio di un’Apocalisse ambientale che sta diventando sempre più serio, soprattutto considerando che la maggior parte dei discorsi sugli investimenti net-zero e ESG (ambiente, sociale e governance) è solo greenwashing. Infine un crescente rischio di nuove pandemie che sarebbero peggiori delle piaghe bibliche, a causa del legame tra distruzione ambientale e malattie zoonotiche. Solo la Pace equa e giusta, potrà restituire al Mondo quell’armonia necessaria, a gestire i grandi rischi di questo tempo.
Assurdo appaiono i motivi, che hanno indotto l’Italia ad astenersi nell’ottobre del 2023 alla risoluzione ONU per la tregua, che invece Francia, Spagna e molti altri hanno approvato.
Vergognoso infine che il Consiglio comunale di una città come Eboli sede un tempo di tradizioni democratiche e civiche elevate possa regredire a beghe di micropotere, boicottare il consiglio comunale dove si votava un documento per la pace in Palestina.
L’articolo Vogliono la terza guerra mondiale è già apparso su Il Corriere Nazionale.