In rete circola solo la poesia del noto poeta russo Evgenij Aleksandrovič Evtušenko, nato il 18 luglio 1933 (morto il 1 aprile 2017 a Zimà), una cittadina della Russia sorta nel XIX secolo intorno a una stazione della linea ferroviaria Transiberiana.
Il libro di oggi, che ha proprio il titolo dell’articolo, edito una ventina d’anni fa, nell’edizione tascabili Newton (100 pagine 1000 lire) ha come sottotitolo:”Poesie degli anni novanta” anni che, come sappiamo, hanno caratterizzato un radicale cambiamento nel mondo.
Un comunista libertario
Dice lo stesso autore nella prefazione del libro, tradotto da Evelina Pascucci: “Sebbene io presagissi la caduta dell’impero sovietico, non prevedevo ch’ essa potesse cadere sotto i miei occhi. Facevo parte di coloro che spingevano la Russia, come un camion impantanato nel fango, ma quando ci riusci di smuovere la storia, essa ci sfuggì di mano e, superandoci, impetuosamente e in modo terribile, fu come se si precipitasse da una montagna”.
Io credo che i fatti accaduti in quegli anni, la caduta del muro di Berlino, la fine del regime comunista sovietico, visti attraverso gli occhi di un intellettuale, in parte protagonista di quegli eventi, assumono una altra fisionomia, diventano più densi. Anche alla luce de cambiamenti di questi giorni.
Scrive l’autore: ” La storia sorpassò non solo Gorbačëv, ma tutti noi con lui, inzaccherandoci, nel congedarsi, il viso di fango, da sotto le ruote, per riconoscenza”.
Quello che creò sconcerto nei Russi fu la velocità che assunse l’impero per frantumarsi in più parti, ognuna poi prendendo varie direzioni. Come conferma lo stesso autore,
Forse quell’errore emerge oggi in tutta la sua terribile attualità
“Addio bandiera rossa” è un libro testimonianza di un rammarico, non certo per la dittatura, sicuramente non per la censura, assai scomoda per un intellettuale, e certamente non per i Gulag, dice Evtušenko:
” E’ la nostalgia per il bambino gettato via insieme con l’acqua, per la nostra speranza, infranta di un socialismo dal volto umano. E non si conosce ancora se il nostro capitalismo avrà un volto umano. Per ora non gli somiglia”.
Nella poesia Perdita, dai primi versi s’avverte questo il netto senso di smarrimento: ” La Russia / ha perso in Russia / la Russia.
Secondo l’autore il fallimento della seconda rivoluzione russa, quella andata sotto il nome di “perestrojka” fu accelerata dall’incapacità di Gorbačëv di accorgersi dei golpisti che lo circondavano, ma soprattutto per la morte di Sacharov.
Quel formidabile ingegno, premio nobel per la pace, pur essendo stato padre della bomba all’idrogeno atomica ed al quale è intitolato un premio che va alla libertà di pensiero.
Secondo il nostro autore. ” Sacharov era l’unica persona in tutta la nostra politica, dinanzi alla quale si provasse vergogna…Egli fu l’ultimo idealista senza macchia”.
Ecco la poesia che da l’addio alla bandiera rossa:
Arrivederci, bandiera rossa- dal Cremlino scivolata giù non come ti innalzasti, agile, lacera, fiera, sotto il nostro esecrare sul fumante reichstag, sebbene pure allora intorno all’asta, truffa si attuasse. Arrivederci bandiera rossa… eri metà sorella, metà nemica.
Eri in trincea speranza unanime d’Europa ma tu di rosso schermo recingevi il GULAG e sciagurati tanti in tuta da carcerati.
Arrivederci, bandiera rossa. Riposa tu, distenditi. E noi ricorderemo quelli che dalle tombe più non si leveranno. Gl’ingannati hai condotto 15
al massacro, alla strage. Ricorderanno anche te- ingannata tu stessa. Arrivederci, bandiera rossa. Non ci portasti bene.
Grondavi sangue e te noi col sangue togliamo. Ecco perchè adesso lacrime non ci sono da detergere, così brutalmente sferzasti, con le nappe scarlatte, le pupille. Arrivederci, bandiera rossa… il primo passo verso la libertà lo compimmo d’impulso sulla nostra bandiera e su noi stessi, nella lotta inaspriti. Che non si calpesti di nuovo “l’occhialuto” Zivago.
Arrivederci bandiera rossa…
Da te disserra il pugno, che ti serra di nuovo, ancora minacciando fratricidio, quando all’asta si afferra la marmaglia o la gente affamata, confusa dalla retorica.
Arrivederci, bandiera rossa… Tu fluttui nei sogni, rimasta una striscia nel russo tricolore. Nelle mani dell’azzurrità e del biancore forse il colore rosso del sangue sarà liberato.
Arrivederci, bandiera rossa… guarda, il nostro tricolore, che i bari di bandiere non barino con te!
Possibile anche per te sia lo stesso giudizio: pallottole proprie e altrui ne hanno la seta divorato?
Arrivederci, bandiera rossa… sin dalla nostra infanzia noi giocavamo ai “rossi” e i “bianchi” battevamo forte. Noi, nati nel paese che più non c’è, ma in quell’Atlantide noi eravamo, noi amavamo.
Giace la nostra bandiera nel gran bazar d’Ismajlovo. La “smerciano” per dollari, alla meglio. Non ho preso il Palazzo d’inverno. Non ho assaltato il reichstag. Non sono un “Kommunjak”.
Ma guardo alla bandiera e piango.
Cosa resta alla Russia oggi? Secondo l’autore c’è la libertà di parola, e questo per la prima volta nella storia della Russia. Ma – dice lo stesso autore – la politica si è già consegnata l’immunità: di ignorare la libertà di parola”
Nell’avvento di internet e dei social forum, e con la trasformazione di Putin, come risulta vera ed amara questa verità e come davvero ci colpisce anche se ci sentiamo vicini a questo autore ma non alla sua bandiera.
Redazione Corriere di Puglia e Lucania
L’articolo Libri in soffitta: Evtušenko: arrivederci bandiera rossa è già apparso su Corriere di Puglia e Lucania.