Del 22 Marzo 2024 alle ore 12:22
Eppure aveva avuto una storia se non gloriosa, almeno di primo piano: la Scuola pubblica italiana era stata fra le prime in Europa dal dopoguerra fino alla fine degli anni ’60. Dopo un risultato ragguardevole, cosa ha determinato la deriva? Qualcosa deve essere andato storto…nonostante che nella storia della pedagogìa, insieme a Rousseau, Dewey e quant’altri, si trovino Agazzi e Montessori per esempio.
Occorreva sicuramente del rinnovamento, e la didattica era di certo da aggiornare; ma alcuni presupposti essenziali dovevano rimanere, per non gettare via il bambino con l’acqua sporca del bagnetto (come infatti è accaduto…).
La politica scolastica italiana ha commesso due errori esiziali: dilatare l’assistenzialismo oltre il ragionevole e investire quasi zero, e la cosa buffa è che sembrano in contraddizione. Invece, i due aspetti controproducenti hanno convissuto e convivono benissimo tuttora…Come? Come due binari paralleli, che quindi non s’incontrano: da un lato investimenti ridicoli (gli slogan degli anni ’70/’80 parlavano di percentuali tipo 0,49% del Pil investito nella scuola), e dall’altro programmi ridotti e promozione sostanzialmente garantita. Bel connùbio.
Anche l’eliminazione del latino (a parte i fumetti di Asterix) dalla prima media in poi è stato un errore, e di recente è stato ridotto il programma di geografia alla scuola superiore: eppure in Francia, dove ho insegnato al Lycée International, Storia e Geografia vengono insegnate insieme. Quando chiesi ai colleghi francesi (che guadagnano il triplo) il perché di quella scelta, mi fu risposto che la Storia è figlia della Geografia; per esempio il problema dei confini s’è posto per la Germania che non ha confini naturali né a est né a ovest. Non fa una grinza…
Adesso, in Italia alla scuola superiore gli studenti vanno a protestare dal preside con l’avvocato, le ingerenze dei genitori sono oltremisura, e i giovani diplomati possiedono un bagaglio culturale di un terzo rispetto agli anni ’60. A quanto pare, demagogìa e ideologìa sono state il De profundis della nostra (ex) scuola.
La quantificazione dei danni è, se non incalcolabile, perlomeno difficile: per esempio, c’è anche da considerare l’incremento di due deleterie caratteristiche nazionali, mammismo e querulomanìa: dopo essersi fatti prendere in giro per secoli dai paesi più evoluti, non c’era affatto bisogno di accentuarle ulteriormente…
Speriamo che tutto questo condùca a una saggia riflessione, portando i più a comprendere che quando la funzione assistenziale prevale su quella cognitiva, la scuola non c’è più.
Al suo posto c’è qualche altra cosa, non ben definibile…Ne valeva la pena?
SandraFallaci©
L’articolo La scuola defunta è già apparso su Il Corriere Nazionale.