Del 21 Marzo 2024 alle ore 13:44

Il ministero della Sanità della Striscia di Gaza ha dichiarato oggi che almeno 31.923 persone sono state uccise  e 74.096 ferite nel territorio durante gli oltre cinque mesi di guerra.

La risposta di Israele alle proposte di Hamas per il cessate il fuoco “è stata in termini generali negativa”.

Lo ha detto ieri Osama Hamdan, alto funzionario di Hamas, in un conferenza stampa ripresa dai media israeliani, tra cui Haaretz, e islamici tra cui Al-Arabiya.

Hamas, ha aggiunto Hamdan, ”sta cercando di porre fine alla guerra aggressiva contro il nostro popolo e sta aumentando i suoi sforzi per portare aiuti” alla popolazione assediata della Striscia di Gaza. Hamas, ha proseguito, ”ha presentato la sua proposta riguardo lo scambio di prigionieri e abbiamo dimostrato un approccio positivo e una elevata flessibilità”. In questo senso, ”stiamo seguendo il corso dei negoziati attraverso i fratelli mediatori di Egitto e Qatar e abbiamo presentato una visione globale che permetta di realizzare le aspirazioni del nostro popolo” (Gaza, Hamas: “Israele ha respinto nostra proposta di cessate il fuoco” – Tiscali Notizie).

Per parte sua Israele, soprattutto con l’uccisione di Marwan Issa  che sarebbe una delle menti degli attacchi del 7 ottobre, comandante delle Brigate Qassam e membro fondamentale del direttivo di Hamas, sta dimostrando di prediligere, rispetto ad ipotesi di pace ritenute premature, una campagna di totale disarticolazione della struttura di comando del nemico, probabilmente anche attraverso informazioni ottenute dall’interno mediante l’opera di spionaggio in cui eccellono il Mossad e lo Shin Bet (le agenzie dei Servizi Segreti israeliani).

Non si riesce a questo punto a individuare una soluzione al conflitto in corso, mentre entrambe le parti continuano a rifiutare compromessi e ad avanzare richieste sempre più irrealistiche, e a rifiutare nel contempo il dialogo.

Le tensioni aumentano giorno dopo giorno, con attacchi sempre più frequenti da parte degli Israeliani, mentre Hamas disperatamente cerca sponde diplomatiche e di sostegno militare presso tutti i nemici storici di Israele, dichiarati e non. Le strade di Gaza sono deserte, con le finestre sbarrate e il suono delle sirene che squarcia il silenzio notturno. I civili che ancora non sono scappati verso sud cercano riparo nei rifugi sotterranei oppure sotto i tetti estemporanei dei palazzi sventrati dall’esplosivo, cercando senza un progetto, che vada al di là della sopravvivenza giorno per giorno, un briciolo di sicurezza in un mondo che sembra completamente impazzito. E così, nell’oscurità della notte, il conflitto continua a insinuarsi come un serpente velenoso, avvolgendo tutto ciò che trova sul suo cammino.

Per il momento neppure gli alleati occidentali di Israele, con gli U.S.A. di Biden in testa, sono riusciti a fare breccia nella strategia di guerra di Netanyahu, portandolo a decidere uno stop all’avanzata sui territori di Gaza.

La linea sostanziale di Biden sembra comunque rimanere ferma nel sostegno ad Israele, nello scacchiere mondiale. Per ora.

Chiaramente se mai dovesse affermarsi la linea opposta, che al di là di facili ipocrisie potrebbe essere un domani sposata dagli ultraconservatori che strizzano l’occhio a Putin, si renderebbe necessaria per Israele una massiccia attività diplomatica che riesca a scovare e legare a sè, anche mediante trattati economici e finanziari, la maggioranza delle nazioni non ideologicamente ostili al piccolo Stato in cerca di espansione e di sicurezza.

 

L’articolo Il conflitto in Medio Oriente non si placa è già apparso su Il Corriere Nazionale.

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