Del 20 Marzo 2024 alle ore 16:50

Prosegue a Bologna il processo a Giampaolo Amato, il medico accusato di aver ucciso la moglie e anche la suocera. Oggi la testimonianza in aula della sorella della vittima

Autore: Andrea MariBOLOGNA – Oltre alle tisane “amarissime” che il marito Giampaolo Amato le preparava e nelle quali, sospettano l’amica Monica Gaudioso e la sorella Anna Maria Linsalata, potevano esserci delle benzodiazepine, Isabella Linsalata- trovata morta nel suo letto il 31 ottobre 2021 e, per la Procura, uccisa da Amato con un mix di farmaci- potrebbe aver bevuto anche del vino contenente le stesse sostanze. A raccontare ai giudici della Corte d’Assise di Bologna l’episodio della bottiglia di Nero d’Avola, risalente al 19 maggio 2019, è proprio Anna Maria Linsalata. La testimonianza della sorella si è svolta oggi, durante l’udienza, dedicata all’audizione dei primi testimoni della Procura. L’imputato, ex medico Amato (che in passato ha lavorato per la Virtus Basket), è accusato di aver ucciso prima la suocera Giulia Tateo (il 9 ottobre 2021) e poi, appunto, la moglie Isabella Linsalata (il 31 ottobre) con un mix letale di farmaci. La testimonianza di Anna Maria Linsalata terminerà, con le domande dei legali di parte civile e dei difensori dell’imputato, nella prossima udienza, fissata per le 9 del 3 aprile. Il processo era iniziato il 6 marzo: l’uomo risponde di omicidio, peculato e detenzione illecita di farmaci psicotropi.

IL VINO “AMARISSIMO”

Il 18 maggio, ricostruisce la testimone, Isabella aveva fatto l’esame delle urine da cui sarebbe poi emersa, nei giorni successivi, la presenza abnorme di benzodiazepine, e la sera dopo “le scrissi un messaggio, ma lei non mi rispose. Provai allora a chiamarla, e lei mi rispose biascicando e dicendo che aveva sonno”. A quel punto la donna si recò a casa della sorella e del cognato “e lei mi disse che il vino era amarissimo“, motivo per cui Anna Maria prese la bottiglia e la portò a casa sua “con l’idea di farla analizzare”. Purtroppo, aggiunge, i laboratori che contattò nei giorni seguenti “non facevano quel genere di analisi”, e da allora la bottiglia rimase in casa sua fino al luglio 2022, quando la donna venne sentita dai Carabinieri durante le indagini sulla morte della sorella.

LE TELEFONATE A CASA DELL’AMANTE

Linsalata, rispondendo alle domande della procuratrice aggiunta Morena Plazzi, ricostruisce poi il periodo immediatamente successivo alla scoperta, da parte della sorella, della relazione extraconiugale del marito. “Da febbraio a luglio 2019- spiega- è stato un periodo da incubo, perché Giampaolo aveva promesso diverse volte all’amante di andarsene da casa, senza mai mantenere la promessa”, e la stessa amante “faceva telefonate continue a casa di mia sorella, che poi staccò varie volte il telefono, fino ad eliminare la linea fissa, e la bloccò anche su Whatsapp“. Oltre a questo, aggiunge, ci fu anche uno scambio di mail tra le due donne, con l’amante che “gliene mandò una con una foto di lei e Giampaolo che si baciavano e un’altra con un’intera cartella di foto di loro due, che però mia sorella non aprì”.

In seguito l’uomo “andò a vivere nello studio sotto il loro appartamento, e nel luglio 2020 si trasferì in un residence, per poi tornare nello studio nel settembre del 2021″. Un trasferimento, quest’ultimo, “che né Isabella, né il figlio Nicola avevano particolarmente gradito, anche perché non era stato preannunciato, né concordato”. Infine, la testimone ha ricostruito ciò che accadde il 9 ottobre 2021, giorno in cui morì sua madre Giulia Tateo, anch’essa, secondo la Procura, uccisa da Amato.

LA SORELLA DELLA VITTIMA: “ISABELLA NON SI SAREBBE MAI SUICIDATA”

Isabella Linsalata “non si sarebbe mai suicidata, amava troppo la sua famiglia, i suoi amici e i suoi pazienti: non lo dico perché era mia sorella, ma era una persona unica”. Come già affermato in mattinata dall’amica Monica Gaudioso, anche Anna Maria Linsalata esclude che la sorella, trovata morta nel suo letto il 31 ottobre 2021 e, secondo la Procura di Bologna, uccisa dal marito Giampaolo Amato, possa essersi suicidata.

IL GIORNO DELLA MORTE

Testimoniando in Corte d’Assise nel processo che vede imputato il medico 64enne per l’omicidio della moglie e della suocera, Linsalata- che si è costituita parte civile nel procedimento- ha ricostruito, rispondendo alle domande della procuratrice aggiunta Morena Plazzi, cosa fece il giorno della morte della sorella, quando rientrò di corsa a Bologna da Moena dopo aver chiamato più volte Isabella senza ricevere risposta e dopo aver saputo da Amato che la sorella era morta. In quella circostanza, ha spiegato, lei e il compagno Gianluigi Schiavon dovettero insistere con Amato per convincerlo a tornare a casa dal lavoro per verificare cosa fosse accaduto, aggiungendo che in casa- dove lei e Schiavon giunsero nel tardo pomeriggio- “ho trovato una situazione tesissima“. Tra le altre cose, la teste ha citato una risposta stizzita di Amato a una domanda su dove fosse finita la borsa della sorella.

LA SCELTA DI NON DENUNCIARE PER LA FAMIGLIA

Linsalata ha poi ricordato quando la sorella le disse, nel 2019, della relazione extraconiugale del marito, e ha confermato che Isabella sospettava che Amato le mettesse benzodiazepine nelle tisane che le preparava. “Io le chiesi: non è che Giampaolo ti dà qualcosa?, e lei mi rispose: l’hai detto, le tisane che mi prepara la sera sono amarissime, perciò non le bevo più”. Tuttavia, anche in questo confermando quanto testimoniato da un’amia della donna, Monica Gaudioso, Linsalata ha aggiunto che la sorella non volle denunciare quanto emerso dalle analisi delle urine, che avevano registrato una presenza abnorme di benzodiazepine nel suo organismo, per non creare problemi in famiglia, specialmente ai figli. La testimonianza, iniziata un’ora fa e ancora in corso, dovrebbe durare almeno un’altra ora.

UN’AMICA: “ERA CONVINTA CHE LUI LE DESSE BENZODIAZEPINE”

Quando, nel maggio del 2019, emerse un valore “enormemente alto” di benzodiazepine nelle analisi di Isabella Linsalata, “abbiamo discusso delle possibili cause e la conclusione non detta, ma chiara, fu che il sapore amaro delle tisane” che le preparava il marito Giampaolo Amato “dipendesse proprio da una somministrazione non volontaria di benzodiazepine”. In sostanza, la donna sospettava che il marito le mettesse i farmaci nella tisana di nascosto. Tuttavia, spiega in Corte d’Assise a Bologna la dottoressa Monica Gaudioso, amica di Linsalata, “lei non volle far sapere dell’esito di quegli esami e non volle presentare una denuncia per non distruggere la sua famiglia”, ma si limitò a “non bere più le tisane”.
Questo il punto principale della testimonianza di Gaudioso, chiamata a deporre nell’ambito del procedimento a carico di Amato, accusato di aver ucciso prima la suocera Giulia Tateo e poi la moglie nell’ottobre del 2021. La testimone, chiamata dalla Procura, ha poi ricostruito cosa avvenne la mattina del 31 ottobre 2021, il giorno in cui Linsalata fu trovata morta nel suo letto, spiegando che Anna Maria Linsalata (sorella di Isabella), la contattò perché la sorella non rispondeva al telefono, e precisando che questa e altre circostanze “avevano fatto crescere l’ansia”. Gaudioso ha inoltre testimoniato che l’amica l’aveva messa a parte dei suoi problemi coniugali, che duravano ormai da alcuni anni, da quando aveva scoperto la relazione del marito con un’altra donna, ma che “aveva preso atto della situazione e aveva intenzione di formalizzare la separazione“. Infine, la teste ha dichiarato che Linsalata “non era d’accordo sul fatto che Amato fosse andato a vivere al piano di sotto, perché le creava disagio”.

 fonte Agenzia DIRE e l’indirizzo www.dire.it

 

L’articolo Tisane amarissime e i sospetti sul vino, a Bologna il processo al medico che avvelenò la moglie è già apparso su Il Corriere Nazionale.

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