Del 1 Marzo 2024 alle ore 17:01
E’ ormai divenuto italiano, ma deriva dall’inglese ageism e per una volta si può accettare un anglismo utile, continuando a rifiutare quelli inutili. Ageismo indica la discriminazione in base all’età.
Non ne sono affetti solo gli adolescenti, per i quali questo si dà per scontato dato il loro noto bisogno di distinguersi dai “grandi” per potersi traghettare verso l’età adulta, cosa del tutto comprensibile. Ne sono altresì affetti molti altri soggetti purtroppo, ai quali piace emarginare gli anziani in quanto ritenuti ingombranti, scomodi e magari invadenti.
Ma la cosa buffa è che, in un paese che si regge sui pensionati, ci sia chi li ritiene addirittura inutili. Forse costoro non sono abbastanza informati sul ruolo, anzi sui ruoli che hanno oggi gli anziani nella società italiana: eppure basterebbe guardarsi attorno…Hanno mai visto decine di nonni ad aspettare i nipotini fuori da asili e scuole? Oppure ai giardinetti, in attesa del rientro dei genitori? O accompagnarli dal pediatra, o aiutarli nei compiti di scuola per esempio? Per non parlare degli aiuti nelle faccende domestiche. E che dire del sostegno economico in caso di disoccupazione genitoriale? E chi più ne ha più ne metta…
Eppure, sempre più spesso si depositano anziani negli ospizi; pardon, nelle RSA. C’è qualcosa che non quadra. Un misto d’intransigenza o forse di eccessiva spregiudicatezza, o qualcos’altro?
Solo una dissonanza cognitiva può spiegare tale atteggiamento emarginante nei confronti della terza o quarta età: infatti, si sente parlare da anni di autonomia dell’anziano/a, o dell’importanza dell’esperienza che i meno giovani possono trasmettere agli altri, un vero e proprio bagaglio prezioso, di notevole valore. E vediamo nonni ultranovantenni che non esitano a dirigere il traffico come volontari davanti alle scuole materne o elementari, o a portar fuori Fido, o a recarsi al supermercato per la spesa di tutta la famiglia. Allora, cosa occorre davvero?
Penso che occorra una riflessione un po’ più matura, che possa fare la differenza.
Invertire il paradigma, creato dal consumismo, secondo cui la società deve essere parcellizzata in ordine all’età: cosa certo comodissima per il sistema economico, che se ne avvale ampiamente. Più separazione, più consumi. Non occorre aver studiato marketing, per capirlo. Basta uno sguardo ai media, dove tutto confluisce in una serie di modelli unidirezionali.
Magari si potrebbe recuperare qualcosa dal passato, quando il ruolo dei meno giovani era riconosciuto. Ripensare all’anziano ridefinendolo, ridisegnandolo. Sia chiaro, capita anche che i vecchi (non trovo sia un termine sgradevole) commettano errori: Shakespeare nel Re Lear lo spiega bene, e più che mai l’uomo moderno è shakespiriano.
Soprattutto, scansare la superficialità della rassegnazione.
Non si tratta comunque nemmeno di suscitare sensi di colpa nei giovani, quanto piuttosto di cercare un approfondimento serio di un fenomeno che così come si manifesta non ha nulla di nobile o virtuoso, e molto invece di rozzamente utilitaristico.
SandraFallaci©
ph Uilp Lombardia
L’articolo Ageismo è già apparso su Il Corriere Nazionale.