Del 27 Febbraio 2024 alle ore 21:01

di Martina Paiotta

Il Diritto Internazionale è una disciplina -originariamente eurocentrica- che si è gradualmente plasmata nel corso degli ultimi due secoli, in risposta alle continue sfide ed evoluzioni geopolitiche. Non è un caso che, infatti, dopo il 1945, tale disciplina abbia conosciuto un’accelerazione importante, dovuta soprattutto ad impedire, in futuro, il ripetersi di eventi drammatici come quelli accaduti nel corso della Seconda Guerra Mondiale.

Il rapidissimo “boom” tecnologico che ha avuto inizio tra gli anni ‘50 e ‘60,  ha dato origine ad una serie di strumenti innovativi, ad oggi, sempre più digitalizzati ed interconnessi a livello globale. che hanno messo in discussione i vecchi standard, oltre che l’accezione stessa, di “sicurezza internazionale”.

Queste nuove tecnologie, proprio perché sempre più interconnesse ed interdipendenti universalmente, sono state largamente adottate ed impiegate in contesti internazionali ed internazionalizzati, coinvolgendo ampiamente le infrastrutture critiche, i canali si comunicazione e di telecomunicazione.

Le infrastrutture critiche sono tutelate, nel caso di conflitti, dal Diritto Internazionale poiché il loro danneggiamento avrebbe ripercussioni sulle condizioni di vita della popolazione civile.

Il rapido avanzamento tecnologico ha fatto sì che molte normative divenissero obsolete e pertanto non più pienamente applicabili alle fattispecie previste dalla giurisprudenza, nazionale e non. Si pone, a tal punto, il problema della piena valenza del Diritto Internazionale che, già a causa dei veloci mutamenti dello scenario geopolitico, soffre di non pochi limiti che alimentano una certa sfiducia nei confronti della regolamentazione internazionale; ma ora, in risposta alle fattispecie mutate dall’ingresso della tecnologia, i dubbi aumentano sensibilmente: la piena applicazione del Diritto Internazionale è ancora integralmente valida? A ben guardare, dal punto di vista sostanziale, alcune norme di Diritto Internazionale sembrano applicarsi in modo del tutto forzato a molte delle fattispecie, facendo sorgere la necessità di rivisitare alcune normative.

Hackers, eventi di cyber-warfare ed attacchi informatici con ripercussioni sul sistema-Paese hanno messo in evidenza tutti i limiti del Diritto Internazionale, che non riesce ancora a tutelare al punto giusto un Paese che potrebbe subire minacce e/o attacchi di questo tipo, che potrebbero condurre ad eventuali escalation diplomatiche.

Il ricorso a mezzi informatici per danneggiare e/o annientare infrastrutture nemiche è a tutti gli effetti una “dichiarazione” di cyber-warfare, che genera conseguenze importanti anche per gli standard di vita della popolazione civile. Altro aspetto critico è il fatto che non sempre gli attori responsabili degli attacchi sono identificati: il più delle volte, si fa fatica ad attribuire la responsabilità al soggetto, rendendo impossibile anche l’applicazione di una forma di “punizione”.

Immaginate, in poche parole, una vera e propria “guerra” ma digitalizzata, senza regole e senza volti!

Una revisione -quasi- completa del Diritto Internazionale si rivela a questo punto necessaria per la sicurezza internazionale di ogni singolo Stato; implementare una normativa ad esclusiva regolamentazione delle fattispecie interessate dalla digitalizzazione è un passo in avanti doveroso e necessario, di buon senso se si pensa alla sicurezza della stessa popolazione; in particolare, implementare una branca nuova del Diritto Internazionale, pienamente dedicata alla Cyber-Warfare, è una necessità di primaria importanza in un contesto geopolitico in continua evoluzione dal punto di vista informatico e digitale.

ph agendadigitale.eu

L’articolo Cyber-Security, Cyber-Warfare e Diritto Internazionale: nuove sfide per la regolamentazione internazionale?   è già apparso su Il Corriere Nazionale.

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