Del 26 Febbraio 2024 alle ore 05:19
“Un giorno nella foresta scoppiò un grande incendio”
con queste parole inizia la favola africana del tenace e coraggioso colibrì, un uccellino che pur sapendo d’essere inadeguato rispetto agli altri animali a spegnere un incendio di grandi proporzioni, non si perde d’animo e va incontro alle fiamme con una sola goccia nel becco, portando comunque il suo contributo per contrastare quell’immane disastro.
Favola a parte, se c’è una cosa di cui l’uomo si sta occupando molto poco è proprio la salute del nostro ambiente naturale, pur gravato dai numerosi “incendi”, dalle varie forme d’inquinamento di cui soffre oggi più che mai il nostro bel pianeta.
Vero è che un po’ tutti nasciamo con una certa curiosità per la natura circostante, a cominciare dai bambini, ma sfortunatamente la maggior parte delle risposte che si ricevono non sono adatte a mantenere vivo l’interesse per le cose naturali, e man mano che si cresce l’adattamento all’aspetto umano dell’ambiente, in uno ad una cultura dominante di stampo umanistico-letterario, assorbe sempre più l’attenzione, e la propensione, l’entusiasmo per la natura e i suoi numerosi servizi ecosistemici svanisce come nebbia al sole.
La dura realtà, però, incombe, ed oggi sono molti gli “incendi” che bisogna domare, pena la nostra stessa sopravvivenza su questo pianeta.
Già da diversi anni alcuni studiosi, parlando d’insetti, si chiedevano quale fosse il loro futuro e quello della nostra specie, considerato che “moltissime specie si stanno estinguendo insieme con la distruzione delle foreste tropicali, la scomparsa delle loro piante ospiti, l’inaridimento del clima e la diffusione dei veleni nell’ambiente”.
Inoltre: “Ancor più numerose saranno quelle specie che si estingueranno quando il riscaldamento climatico e il conseguente innalzamento del livello del mare costringeranno (udite,udite!) l’uomo ad abbandonare le pianure e a rifugiarsi in montagna, diffondendo l’agricoltura intensiva in ambienti che ancor oggi non conoscono l’impatto ambientale”,
Questi studiosi descrivono un quadro veramente agghiacciante, cui si sommano gli “incendi” delle guerre purtroppo ancora in corso, non vi pare?
E fu così che la lettura di tali allarmanti righe costrinse quel “colibrì”, piccolo e inadeguato che è dentro di me (ma anche dentro di Voi se lo risvegliate…) a volare, pardon, ad adoperarsi per cercare di favorire la conoscenza, anche approssimativa, di quei processi e di quelle condizioni generali dell’ambiente che rendono possibile la sopravvivenza su questo pianeta.
Insistendo nel portare questa mia “goccetta”, ho provato a realizzare un piccolo museo naturalistico che parli dei miei amici insetti, minuscoli “Nembo Kid” della natura, dispensatori di vita ma spesso ignorati e disprezzati proprio da quegli umani che, come si diceva dianzi, oggi hanno perso ogni interesse per la natura e il suo funzionamento.
Nonostante l’età, questo “volo” si perpetua, nella speranza di realizzare non solo altri musei della natura, ma anche nella continua ricerca del posto giusto per piantare un albero e coinvolgere le persone ad averne cura e vederlo crescere saldo e baldanzoso per la salute del nostro ambiente.
Una parte consistente di questo “incendio” divampa anche nella costante perdita di biodiversità, causa cambiamenti climatici, inquinamento, pesticidi e continuo consumo del suolo naturale e agricolo, spesso ad opera delle stesse amministrazioni locali.
Attualmente ho ottenuto da un vicino grossi pezzi del tronco di un albero, tagliato perché pericolante, e questo ha contributo a scatenare ancor più la “sindrome” da cui son posseduto.
Il legno morto è un componente vitale degli ecosistemi forestali, un habitat ove numerosissime forme di vita ( xilofagi e xilobionti) traggono il loro sostentamento: boschi, macchie e gravine mancano di tale elemento causa la diffusa raccolta di legna da ardere in stufe e caminetti, e quella spinta mi costringe a celare questi grossi ciocchi nel segreto di boschi, macchie, persino nei terreni di amici compiacenti.
L’attenzione all’ambiente oggi diventa assolutamente vitale, la possibilità dell’uomo di alterarlo s’è sviluppata più in fretta della sua capacità di comprenderne struttura e funzioni, per cui la morale della “favola” sta nella capacità di opporsi con tenacia a tale grande incendio planetario.
Ma dobbiamo farlo tutti insieme, ognuno con la propria “goccetta”, costringendo la politica ad occuparsi soprattutto della salute del pianeta: tutto il resto, se ascoltate il vostro “colibrì”, diventa secondario!
Valentino Valentini
Foto di Anne and Saturnino Miranda da Pixabay
L’articolo La “sindrome del colibrì” è già apparso su Corriere di Puglia e Lucania.