Nino Sangerardi
A proposito del patrimonio storico culturale e archeologico pugliese, ecco un testo interessante da leggere.
Il libro è “Gravina tra tardo neolitico e tardo romano”,pubblicato dal Centro ricerche di storia religiosa in Puglia. Ideato e scritto da Giuseppe Schinco,colma un vuoto di memoria storica e archeologica inerente il territorio appulo-lucano di Taranto,Bari,Metaponto,Foggia.
Gli studi archeologici su Botromagno-Gravina e dintorni(Schinco se ne occupa dall’anno 1971) sono soprattutto redatti in lingua inglese.
Alastair Small, professore e archeologo di fama internazionale–che ha operato per molti lustri,a partire dal 1966, nell’area archeologica gravinese—sostiene: “Noi anglofoni abbiamo,temo,non sempre fatto ciò che avremmo dovuto fare per rendere le nostre scoperte accessibili nella lingua italiana…Il libro di Schinco è meritorio perchè rende le scoperte archeologiche più facilmente comprensibili all’uomo della strada”.
Un viaggio culturale di 170 pagine in cui si racconta,con documenti inediti, l’habitat e l’economia e le credenze religiose e i traffici commerciali e la vita quotidiana e il lavoro e l’urbanistica.
Le meraviglie della ceramica corinzia greca e coloniale : l’importanza della collina di Botromagno essendo circondata da argille di superiore qualità per la produzione di maioliche.
Secondo valutazione di Schinco tutto il materiale portato alla luce fin qui,frutto delle ricerche dei professori Small e Whitehouse,confermerebbe l’ipotesi che intenso era il commercio tra Botromagno e Atene già in pieno VI secolo avanti Cristo.
Tra l’altro, è ipotizzabile che in un porto a sud di Bari si sia istituito un emporium attico che intratteneva rapporti commerciali con le zone interne baresi.
Questo fu certamente l’elemento detrminante che separò l’area compresa tra Monte Sannace e Botromagno dalla Basilicata portandola nel comprensorio pugliese.
Di notevole interesse il capitolo del libro dedicato al sito Le Vagnere che si trova nella valle del torrente Basentello– dal 1970 diga con capienza di 24 milioni metri cubi d’acqua– ai confini di Puglia e Basilicata, occupa un’area di 35 mila metriquadri. Situato lungo la Via Appia fu centro industriale d’avanguardia tecnologica dotato di officine per la lavorazione del ferro e opificio per laterizi.
Durante il periodo che si sonoda dal Tardo Repubblicano al Primo Imperiale Le Vagnere divenne una fabbrica importante e nevralgica di cerealicoltura ben inserita nel granaio d’Apulia,stante le merci agrarie pregevoli stimate molto nei Paesi dell’Egeo e, soprattutto, a Roma.
Nel dattiloscritto di Giuseppe Schinco si possono sfogliare tavole grafiche a colori che descrivono tombe a semicamera, abitazioni,utensili,monete,armamenti peuceti, strutture funerarie,villa ellenistica,eccetera.
Già, ”Urbs opulenta Gravina,grana dat et vina” gestita da Peuceti,Greci,Romani,Bizantini,Normanni,Francesi,Dinastia Orsini, nobile passato trascritto in pergamene e libri.
Come quelli,tra gli innumerevoli , di Notar Domenico da Gravina,Virgilio De Marino, Ferdinando Ughelli,Ulisse de Salis Marchlins,Cardinale Francesco Maria Orsini,Cesare Malpica,Pasquale Calderoni Martini,Domenico Nardone.
L’articolo La Puglia sontuosa nelle vicende archeologiche di Gravina è già apparso su Corriere di Puglia e Lucania.