Nel salone di Rappresentanza della Provincia di Taranto, promosso dalla sezione UNUCI, Unione Nazionale Ufficiali in Congedo d’Italia, Ten. Col. “M.O.V.M Renato Dario Lupo, si è tenuto l’evento “Echi della seconda guerra mondiale “ Storia di due deportati militari tarantini, miracolosamente scampati all’eccidio dei nazisti “ In una sala gremita dal pubblico, formato da personalità civili e militari, con la gradita presenza di numerosi alunni di istituti superiori, l’evento ha avuto inizio. Dopo la presentazione, fatta dal Presidente della sezione UNUCI di Taranto, C.V Dott. Gianni Passafiume, come d’uso in ogni manifestazione dell’UNUCI, l’incontro è stato preceduto dall’Inno di Mameli. La parola è passata all’ideatore e curatore dell’evento, Ten. Dott. Michele Ladiana, socio della sezione di Taranto e conduttore della serata. Le due storie, hanno come protagonisti principali ed esclusivi, due militari tarantini che, fortunosamente riescono a fuggire dai campi di concentramento dove erano rinchiusi e, dopo lunghe e inenarrabili peripezie giungono nella propria casa, a Taranto. Una storia che ha dell’incredibile che pare uscita dalla penna di un romanziere, ma che purtroppo, romanzo non è, è triste realtà frutto di una atroce guerra che ha visto morire più di 60 milioni di persone.
“ William Bardarè “ è il nome del primo militare protagonista della storia, padre di Francesco, socio ed ex Presidente della sezione UNUCI di Taranto. William, fante scelto del 48° Reggimento Fanteria, divisione “ Ferrara “ si trovava in Montenegro, a Fiume, la sera dell’8 settembre, quando a Cassibile, fu firmato l’armistizio anglo-americano che, invece di porre termine alla guerra, la continuò cambiando solo i nemici. In quei momenti di sbandamento e confusione, quelli che erano stati alleati, nel patto dell’asse che si era sciolto, diventarono agguerriti nemici, i tedeschi. William con altri commilitoni raggiunse le montagne di Cattaro, ma il 16 settembre fu catturato.
Da quel giorno inizia il suo calvario fra i vari campi di concentramento fino a raggiungere quello di Mauthausen dove diventò il n° 26978, senza più identità e dignità. Nel maggio del 1945, a seguito dell’intervento delle truppe sovietiche, fu liberato. Non basterebbe un romanzo per raccontare le terribili esperienze vissute da William, diremo solo che fra il 4 ed il 5 maggio 1945, finalmente lui, ed alcuni suoi commilitoni riuscirono a fuggire. A Ried trovarono le truppe americane che, dopo averli rifocillati, gli consegnarono un vecchio camion con il quale giunsero a Bari, da lì un malconcio treno li portò a Taranto. L’incontro con la madre, che credeva che lui fosse morto, fu l’epilogo della sua storia terribile che si trasformò in una a lieto fine. A William è stata conferita, alla memoria, la Medaglia d’Onore per la condizione di Deportato.
La seconda storia, non per questo meno importante, vede come protagonista un altro militare tarantino, il marinaio “ Vittorio Facilla “ L’ha raccontata la Prof.ssa Giovanna Facilla, figlia di Vittorio. Daremo un titolo a questa narrazione “ Il violino di Dachau è tornato a suonare “ capiremo in corso di narrazione il perché di questo titolo. Vittorio Facilla, nato a Taranto aveva effettuato i suoi studi, compreso quello del violino che aveva studiato per sette anni. Partito per la guerra, mentre si trovava nell’isola di Leros, in Grecia, accadde che dopo l’8 settembre anche la Grecia diventò nemica. Vittorio fu fatto prigioniero e deportato in Germania, fu rinchiuso nel campo di Dachau, quello tristemente famoso per due frasi terribili, una sul cancello che diceva “ Il lavoro rende liberi “ e l’altra ancora più cinica descriveva l’orrore dei forni con “ Qui si entra dalla porta e si esce dal camino “ Il compito di Vittorio era quello di seppellire i morti, anche lui era nella lista di quelli da fucilare. L’esecuzione fu sospesa per l’intervento di un tedesco a cui Vittorio aveva salvato la vita in Grecia. L’umanità aveva avuto il sopravvento sulla crudeltà. Nel periodo di prigionia si sparse la voce che Vittorio sapesse suonare bene il violino, gliene dettero uno affinché suonasse nell’orchestrina dei tedeschi. Gli chiesero di suonare qualcosa, per verificare se fosse vero quello che si diceva, Vittorio suonò l’Ave Maria di Schubert, e la eseguì così bene che, come dirà lui stesso in seguito, mai più ci riuscì. Il violino di Vittorio Facilla, ormai di Dachau , ha fatto bella mostra di se durante l’evento, escluso il tempo che la Prof.ssa Mina Melucci ha suonato l’Ave Maria di Schubert, nel salone dove si teneva l’evento. La dolcezza di quel suono ha toccato il cuore dei partecipanti. Vittorio riuscì a fuggire, e dopo una lunga marcia di 1200 chilometri, piena di rischi, giunse a Taranto con il suo prezioso violino che gli aveva salvato la vita. Oggi quel violino, abilmente restaurato, viene conservato con amore dalla figlia, Prof.ssa Giovanna Facilla per ricordare sempre il dramma vissuto da padre Vittorio.
L’evento è terminato dopo aver ascoltato, forse vissuto, il percorso dei due tarantini che fortuna ha voluto potessero tornare a casa loro. Il messaggio, mandato ai giovani presenti all’evento è quello di non dimenticare mai gli orrori della guerra.
Antonello Giusti
L’articolo “ Echi della seconda guerra mondiale “ è già apparso su Corriere di Puglia e Lucania.