Del 20 Febbraio 2024 alle ore 13:28

Julian Huxley, fratello di Aldous, usò questo termine nel ’57 riprendendolo da Teilhard de Chardin: entrambi erano convinti che l’umanità potesse orientare la propria evoluzione emancipandosi verso forme di vita superiori migliorando le caratteristiche psicofisiche. Come dire che l’intelletto potrebbe sostituire la natura.

Ma la cosa forse più interessante rimane la definizione di Huxley per cui il transumanesimo considera “l’uomo che rimane umano, ma che trascende sé stesso, realizzando le nuove potenzialità della sua natura umana, per la sua natura umana”. Le parole principali sono “rimane umano” e “ sua natura umana”, poiché centrano il reale problema come fosse un bersaglio:   qui infatti sta la questione…Il prefisso “trans” indica trasformazione, mutamento da una condizione all’altra. Questo può anche essere accettabile, però facendo un riferimento preciso alle suddette parole di Huxley (“rimane umano” e “sua natura umana”): l’aggettivo fa la differenza, una grande differenza perché senza di esso il significato cambia completamente. In effetti, il problema è proprio questo: rimanere umani, ovvero esseri umani a tutti gli effetti.

Ci riusciremo? Mah, c’è qualche dubbio…

Non si vorrebbe che alla fine fossero più i danni dei benefici. Cosa potrebbe scaturire da tutto questo? Davvero qualcosa di positivo per il genere umano, nel tentativo di ridurre i disagi di malattie ed età avanzata per esempio?

Del cervello umano, da cui tutto dipende, non si sa quasi nulla; ciò che si conosce non è assolutamente sufficiente, e non fa prevedere svolte epocali a breve. Qualcuno parla di secoli, ma l’evoluzione viaggia con i millenni.

I pronostici sono inutili, e facilmente smentibili.

La cosa che mi pare più buffa è proprio il bisogno (più psicologico che altro) di andare oltre l’umano. A me questo appare non solo confutabile, ma proprio incomprensibile: in genere, si cerca di raggiungere degli obiettivi importanti con i mezzi a disposizione, prima di andare a cercare altro al di fuori. La nostra specie ha forse già conquistato dei traguardi apprezzabili sul piano etico, che è l’aspetto principale? Oppure si sono fatti grandi passi avanti nella vita relazionale, o nella gestione di emozioni, sentimenti, affettività? E ancora, cosa vediamo se guardiamo i rapporti interpersonali, o in famiglia, o nel luogo di lavoro (per non parlare di quelli fra nazioni!).

Non abbiamo ancora conquistato una convivenza non diciamo pacifica, ma almeno equilibrata; non abbiamo nemmeno ancora acquisito sufficienti competenze nella gestione dei conflitti micro e macro. Cosa andiamo dunque cercando, se le qualità che possediamo sarebbero tutto sommato  adeguate a completare la nostra -pur difficile- evoluzione? Non varrebbe la pena di tentare con i mezzi a disposizione…?

Resta comunque un problema che riguarda anche la Filosofia della Scienza, e dovrà quindi essere ben approfondito perché si tratta ora di una sfida cruciale:  la nostra sfida come specie umana.

SandraFallaci©

L’articolo Transumanesimo? Forse no è già apparso su Il Corriere Nazionale.

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