Del 18 Febbraio 2024 alle ore 18:38
Raffaele Gaggioli
Nessuna parte del mondo è stata più sconvolta dell’Europa dell’Est a causa della decisione russa di invadere l’Ucraina. La maggior parte dei paesi est-europei ha dovuto infatti subire per secoli il dominio russo, per mano dello Zar o dei Sovietici.
Molti di questi paesi temono ora di diventare i prossimi obbiettivi dell’espansionismo russo nel caso Mosca riuscisse a sconfiggere in maniera definitiva l’Ucraina. Non a caso, paesi come la Polonia e la Romania sono tra i principali sostenitori dello sforzo bellico di Kiev contro gli invasori russi.
Questo timore è particolarmente diffuso nei tre Paesi baltici (Estonia, Lettonia e Lituania) in quanto potrebbero facilmente diventare i prossimi obbiettivi di una missione militare speciale delle forze armate russe. Ormai da decenni, la retorica del Cremlino contro la loro indipendenza è la stessa usata da Putin nel 2022 per giustificare la guerra contro Kiev.
I tre paesi si trovano inoltre lungo il confine sia con la Russia sia con la Bielorussia, la cui dittatura è tuttora alleata con il Cremlino. A differenza del resto dell’Est Europa, Mosca potrebbe quindi attaccare i Paesi baltici da più fronti.
Un attacco informatico dello scorso gennaio ha inoltre dimostrato che i russi sarebbero in grado di sabotare la rete informatica dei tre paesi in caso di guerra, compromettendo in questo modo le reti di comunicazione e la velocità di dispiegamento delle loro truppe.
Le divisioni interne della NATO e dell’Unione Europea non fanno altro che aumentare i timori dei Paesi baltici. C’è un crescente schieramento isolazionista e/o filo-russo dentro entrambe le alleanze che rende sempre più complicato sostenere diplomaticamente o militarmente la controffensiva ucraina contro l’invasione russa.
Queste divisioni politiche e le recenti difficoltà logistiche delle forze armate ucraine hanno permesso a Mosca di riprendersi dalle inaspettate sconfitte militari subite in Ucraina tra il 2022 e il 2023. Inoltre, la recente controffensiva di Kiev non riesce a sfondare le difese russe nei territori ucraini occupati dalla Russia, al punto che l’esercito ucraino ha dovuto abbandonare la città di Avdiïvka per evitare un accerchiamento russo.
Le morti di Evgenij Prigozhin, leader del gruppo mercenario della Wagner, e di Alexei Navalny, principale oppositore politico di Putin, hanno inoltre posto fine ad ogni speranza di una possibile rivolta militare o popolare contro la dittatura putiniana.
A questo punto, i Paesi baltici hanno deciso che prevenire è meglio che curare. Visto l’andamento incerto della guerra in Ucraina e l’inaffidabilità della NATO e dell’UE, i tre paesi stanno adottando nuove strategie militari.
A partire da questo gennaio, l’Estonia, la Lettonia e la Lituania hanno firmato un accordo di difesa comune. Gli eserciti dei tre paesi inizieranno a cooperare per creare una strategia militare comune contro un possibile attacco russo o bielorusso.
La firma di questo trattato ha anche comportato un aumento dei fondi destinati alle forze armate baltiche. Non solo i governi baltici sono pronti a comprare più armi e munizioni per i loro soldati, ma stanno anche iniziando a costruire bunker e altre barriere lungo i confini con la Russia e la Bielorussia.
L’entrata della Finlandia e della Svezia nella NATO potrebbe ulteriormente aiutare i tre Paesi Baltici. La condivisa ostilità contro Mosca potrebbe portare allo sviluppo di una maggiore cooperazione tra queste cinque nazioni, di fatto bloccando l’accesso al Mar Baltico alla flotta russa ed aumentando il numero di uomini e armi da usare contro una potenziale invasione.
Ovviamente, l’adozione di questa nuova strategia bellica ha scatenato l’ira del Cremlino. Il governo russo ha accusato i tre paesi baltici di russofobia e di star cercando di creare un incidente internazionale per conto della NATO.
Il governo russo ha inoltre criticato la decisione dei tre paesi di demolire i monumenti dedicati all’Armata Rossa costruiti durante l’occupazione sovietica dei paesi baltici e di vietare l’accesso nei loro territori ai cittadini russi.
Per questo motivo, il Cremlino ha inserito molti leader baltici politici e militari in una lista di ricercati. Oltre ad essere una sorta di vendetta per il mandato di arresto internazionale emanato contro Putin a causa dei crimini di guerra in Ucraina, le nuove tensioni con i Paesi baltici vengono sfruttate dai media di stato russi per legittimare ulteriormente l’aggressiva politica estera russa.
Per ora non sono state comunque registrate manovre militari o spostamenti di truppe da parte di Mosca o Minsk lungo i confini con i Paesi Baltici. Putin sta ancora concentrando le sue risorse nell’invasione dell’Ucraina, mentre Lukashenko preferisce continuare l’apparente neutralità della Bielorussia.
Nonostante questo, i timori dei paesi baltici non sono diminuiti in alcun modo. Dopotutto, quanto sta succedendo in Ucraina ha dimostrato il pericolo di sottovalutare le ambizioni di Putin.
L’articolo Lo scudo baltico è già apparso su Il Corriere Nazionale.