Del 17 Febbraio 2024 alle ore 15:15

Nati con il decreto 7 del 2007, gli Istituti Tecnici Superiori, in seguito Tecnologici, ITS, erogano percorsi biennali o triennali di studi professionalizzanti post diploma. Hanno la forma giuridica di Fondazioni di partecipazione costituite da soggetti pubblici e privati, anche aziende del territorio. I recenti decreti attuativi mirano a farne una scommessa vincente per la crescita e lo sviluppo economico.

Nascono, dunque,  «allo scopo di contribuire alla diffusione della cultura tecnica e scientifica e sostenere, in modo sistematico, le misure per lo sviluppo economico e la competitività del sistema produttivo italiano in linea con i parametri europei». (DPCM 2008)

Ne è prevista la costituzione come Fondazioni di partecipazione, evidenziandone il carattere ibrido, pluralistico e partecipativo, ne fanno parte soggetti pubblici e privati.  Il percorso di studi prevede una preminenza degli aspetti di carattere formativo, ha una durata biennale, per particolari figure professionali sono previsti percorsi fino a tre anni. Include attività teoriche, pratiche e di laboratorio, con stage aziendali e tirocini formativi, obbligatori e con durata pari al 30% del monte ore complessivo. I docenti devono provenire per almeno il 50% dal mondo del lavoro, con una specifica esperienza professionale maturata nel settore per almeno cinque anni, i cosiddetti esperti professionisti.

Il DPCM del 2008 individua sei aree tecnologiche, definite a livello nazionale, considerate strategiche per lo sviluppo del nostro Paese. Queste le aree tecnologiche  in cui gli ITS operano: Efficienza energetica; Mobilità sostenibile; Nuove tecnologie della vita;  Nuove tecnologie per il made in Italy; Tecnologie innovative per i beni e le attività culturali; Turismo; Tecnologie dell’informazione e della comunicazione.

Un decreto interministeriale successivo ha articolato le aree tecnologiche in ambiti ed ha associato ad esse le figure nazionali, professionali, di riferimento. Il decreto individua anche un profilo culturale generale comune a tutti i percorsi, includendo alcune competenze generali di base: linguistiche; comunicative e relazionali; scientifiche e tecnologiche; giuridiche ed economiche; organizzative e gestionali. Il profilo culturale generale è integrato dall’articolazione dei percorsi negli ambiti e nelle figure nazionali di riferimento. Per ogni figura professionale sono indicate le macro-competenze in uscita, la professione di sbocco, sulla base della classificazione dell’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) e, infine, la classificazione delle attività economiche (ATECO) di riferimento.

I percorsi formativi professionalizzanti da erogare devono rispondere alle esigenze del mercato del lavoro dei territori nei quali essi gli ITS operano e delle specifiche filiere produttive a cui i territori sono vocati, infatti la norma prevede che «le figure sono declinate, a livello territoriale, dalle Fondazioni ITS in relazione alle specifiche competenze ed applicazioni tecnologiche richieste dal mondo del lavoro e delle professioni, in relazione alle specifiche esigenze di situazioni e contesti differenziati».

Tre gli attori principalmente coinvolti nel sistema ITS, ciascuno con differenti ruoli e competenze: il Ministero dell’istruzione e del merito (MIM, in precedenza Ministero dell’istruzione), le Regioni e il Ministero delle imprese e del made in Italy (in precedenza Ministero dello sviluppo economico). Il MIM ha un ruolo primario all’interno del Sistema ITS: le risorse economiche del Fondo per l’istruzione e formazione tecnica superiore sono gestite e ripartite fra le Regioni dal Ministero stesso, entro il 30 settembre di ogni anno.

Draghi aveva stanziato ben 1,5 miliardi di euro nell’ambito del PNRR, avendo come obiettivo il raddoppiamento del numero degli studenti degli ITS entro il 2026, quindi ha inserito la creazione degli ITS Academy fra le sei riforme di sistema concordate con l’UE,  in una legge nel luglio 2022. Attualmente il governo Meloni sta emanando i decreti attuativi delle nuove Academy, tra gli ultimi il decreto per regolamentare la fase transitoria della durata di tre anni successivi alla legge del 2022 e ha approvato, in via sperimentale, la possibilità di accedere agli ITS dopo quattro anni di istruzione secondaria professionale, sia statale sia regionale.

L’accesso ai percorsi formativi erogati dagli ITS è consentito ai giovani che abbiano conseguito un diploma di istruzione secondaria superiore o, in alternativa, a quelli in possesso di un diploma quadriennale di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP) integrato da un corso di istruzione e formazione tecnica superiore (IFTS) di durata annuale. Ma il sistema ITS resta isolato, sicuramente ancorato nel mondo del lavoro, ma alieno ai percorsi tradizionali di istruzione secondaria e terziaria.

La fondazione Agnelli in un suo recente rapporto ne ha denunciato l’isolamento usando la metafora del mito di Narciso: una tendenza all’isolamento che si esprime con la mancata sinergia con i sistemi di l’istruzione su menzionati. Tranne in alcune Fondazioni, che hanno mantenuto un collegamento forte con la scuola superiore, nella maggioranza dei casi italiani i rapporti con gli istituti scolastici sono di fatto molto ridotti, scarso anche il coinvolgimento del personale docente del sistema scolastico. Un paradosso considerando che il titolo di diploma è rilasciato dal dirigente scolastico dell’istituto tecnico o professionale di riferimento dell’ITS e non dal presidente dell’ITS stesso.

L’isolamento nuoce dal punto di vista operativo in quanto il mancato coinvolgimento delle scuole priva gli ITS di una efficiente e utile piattaforma, dotata di infrastrutture e di docenti. Le scuole secondarie superiori hanno infatti un enorme potenziale in termini di orientamento post-diploma, per cui in assenza di un legame gli ITS ne resterebbero fuori.

Occorre inoltre superare la percezione diffusa di minor spendibilità del titolo conseguibile, rispetto a quello universitario. A riguardo si potrebbe rammentare che, per l’insegnamento, il titolo di un ITS consente attualmente l’accesso ai concorsi per insegnante tecnico pratico, le stesse classi di concorso previste per alcuni titoli di maturità conseguita nella scuola secondaria superiore.

Tuttavia le problematiche nei rapporti tra ITS e università sembra non abbiano trovato soluzione nelle apposite disposizioni legislative che avrebbero dovuto favorire meccanismi di riconoscimento di crediti tra i due sistemi. La legge  del 2022 ha previsto un impianto articolato per favorire il riconoscimento dei crediti nei passaggi tra un sistema e l’altro. Rimane, però, l’impressione di una forte diffidenza tra i due percorsi dell’istruzione terziaria. A livello nazionale, il coordinamento risulta ad opera di due ministeri differenti (Ministero dell’istruzione e del merito e Ministero dell’università e della ricerca), a svantaggio di una visione sistemica. A livello regionale, con l’eccezione della Fondazione SUPER in Emilia-Romagna, è piuttosto debole il coordinamento tra ITS e atenei.

Da un lato, le università non hanno interesse a rafforzare il carattere professionalizzante della propria offerta formativa, la laurea triennale mira principalmente a formare futuri studenti magistrali, dall’altro lato gli ITS Academy hanno una vocazione solo professionalizzante, alquanto estranea all’apprendimento di conoscenze teoriche. La possibilità di passaggi tra i percorsi  è stata spesso indicata come «non opportuna» considerando gli obiettivi di apprendimento inconciliabili.

Risultano quindi ridimensionati i possibili percorsi di sviluppo degli ITS proprio per il mancato raccordo con gli altri due sistemi.

Nel rapporto della Fondazione Agnelli non si propongono pertanto formule risolutive, ma si individuano alcune linee di possibile azione: “Favorire un maggiore rafforzamento degli ITS Academy dal punto di vista istituzionale e gestionale con investimenti permanenti rilevanti; Definire in modo più accurato i profili di uscita degli ITS Academy in stretta connessione con la lettura delle esigenze formative del mondo produttivo; legare maggiormente gli ITS Academy alla scuola secondaria di II grado;  superare la visione monistica e stereotipata della formazione terziaria professionalizzante”.

Possiamo osservare che oggi, infatti, una parte considerevole del miliardo e mezzo di euro destinato dal PNRR agli ITS Academy è destinata alla creazione di nuove strutture e laboratori; sarebbe pertanto proficua una maggiore sinergia e un maggiore coinvolgimento del personale docente delle scuole secondarie per affiancare quello di provenienza dal mondo produttivo.

Non si ravvede in ciò una  tendenza degli ITS a imitare le Università per incrementare il proprio status e reputazione, ma il tentativo di rispondere alle esigenze formative dell’Europa del futuro. Come è stato giustamente affermato, con la denominazione di Istituti Tecnologici si è voluto appropriarsi del concetto di tecnologia, più ampio e connesso allo sviluppo scientifico rispetto alla tecnica che ha una dimensione più applicativa e contingente. Un’occasione da non perdere.

L’articolo ITS Academy un’occasione perduta? è già apparso su Il Corriere Nazionale.

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