Del 11 Febbraio 2024 alle ore 10:09

IL meridionalismo, che guarda lontano e cancella la memoria prevalentemente industrialista del Paese non può restare ai margini, in una controversia differenziata, per aree continentali e anche regionali come la battaglia degli agricoltori.

Dalla comune denuncia degli agricoltori europei sulla cancellazione dei dazi dei prodotti ucraini alla rivendicazione dei tedeschi sul gasolio agli italiani, che contestano la mancata proroga della esenzione IRPEF sui redditi agrari. Sarà riattivati sotto i 10 mila euro. Rivendicazione inoltre su bonus gasolio, assicurazione e protezione prodotti rispetto competizione extra UE. Infine uso dei pesticidi.

Una battaglia, che ignora e sottostima il ruolo di quella finanza speculativa che non ha mai cessato di avvelenare economia, società e stato di diritto.

La selettività poi strumentale ha avuto come conseguenza per il meridionalismo fare riferimento prioritariamente, a Carlo Levi e poco a Ignazio Silone, Salvemini, Scodellaro e, in ambito sindacale a Di Vittorio.

IL settore primario come quello agricolo è strategico non solo per un Mezzogiorno a ciò vocato, ma per l’intero Paese.

Comprendo senza giustificare che il sostegno smodato è al terziario (vedi mancata tassazione extra profitti o giganti del web) e subito dopo al manifatturiero, ma la predilezione per quest’ultimo è da ciechi dopo averlo distrutto attraverso tecnocrazie, impiccate al pensiero unico neoclassico e all’ordoliberismo della Unione europea.

Complici in questa deriva deleteria politici, sindacalisti, intellettuali organici, specie ormai quasi estinta e una parte degli stessi meridionali catturati da promesse mai mantenute.

Amato 32 anni fa annunciò la privatizzazione dell’industria di Stato.

La motivazione? Smetterla di trasferire ogni anno 5 miliardi di euro per sanare i buchi. In verità ci sarebbe molto da dire ed è stato detto dal Prof. Coltorti dell’Ufficio Studi di Mediobanca in Senato a dimostrare non con le chiacchiere del giurista che il rendimento per l’impresa pubblica era positivo per qualche decina di miliardi. Una impresa pubblica smantellata e svenduta.

La frammentazione dell’impresa pubblica diede luogo alla nascita delle medie imprese o delle multinazionali tascabili, che diedero vita al Quarto Capitalismo.

Senza transizione energetica l’Italia resterà incollata al 41nesimo posto su 64 Paesi nel ranking competitività. Praticamente una serie D del campionato. Prima lo si comprende e meglio è !

Oggi addirittura l’odontoiatra di Bergamo annuncia urbi et orbi, che la sua riforma sul regionalismo differenziato risolverà i problemi del Mezzogiorno e denuncia il valore positivo dei residui fiscali del Nord.

Ne riparleremo.

Tornando alla protesta degli agricoltori, menti fini occultano l’incidenza della finanza speculativa su prezzi e guadagni.

Intanto le banche registrano utili per 21 miliardi di euro nel 2023 tutti da attribuire, a decisioni della BCE. Utili da distribuire, in stragrande maggioranza agli azionisti.

IL convitato di pietra e causa primaria della protesta continentale è l’instabilità dei prezzi di quanto prodotto nel settore agricolo, dipendenti unicamente da speculazioni finanziarie.

Prezzi che si formano nelle grandi Borse soprattutto Chicago, Parigi e Londra. Borse i cui azionisti sono grandi fondi internazionali.

Basta osservare, che BlackRock e JP Morgan hanno i pacchetti di maggioranza.

Infine la stragrande maggioranza di chi opera nelle BORSE merci è rappresentato da fondi di investimento nel settore agricolo, che fanno scommesse usando derivati e future.

La copertura del rischio meteorologico viene fatta con i derivati“ meteorologici”, che diversamente dalle assicurazioni coprono gli eventi estremi.

Derivati che una volta erano sottoscritti solo dagli agricoltori, oggi invece possono essere negoziati da soggetti estranei al mondo della agricoltura.

Da qui nasce la speculazione e la instabilità finanziaria dei prezzi agricoli. Speculazione al rialzo e speculazione al ribasso.

Entrambe sono pagate dagli agricoltori. Al rialzo con prezzi crescenti e svincolati dal mercato e al ribasso con danni diretti all’agricoltore che produce.
I guadagni della grande impresa agricola sono stati comunque soddisfacenti.

Una minoranza, visto che su 1,1 milioni di aziende agricole in Italia, solo 240 mila hanno una superficie media superiore a 10 ettari (Fonte ISTAT).

Un segnale sulla transizione potrebbe essere l’emanazione delle regole del GSE per le comunità energetiche e sistemi di autoconsumo collettivo da fonti rinnovabili.

La proposta Company Rete Spac è coerente con gli obiettivi della transizione ecologica, dell’avvio di un Meridionalismo che guarda al futuro fatto di un’economia che non potrà non essere fondata sulle reale sostenibilità ed ecologismo ragionevole.

Senza l’agricoltura sarà impossibile cogliere gli obiettivi del Fit for 55 ma nemmeno del PNIEC.

L’articolo Agricoltura e Finanza è già apparso su Il Corriere Nazionale.

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