“This Metaverse is going to be far more pervasive and powerful than anything else. If one central company gains control of this, they will become more powerful than any government and be a god on Earth”1
Chi non ha sentito almeno una volta il termine “Metaverso” negli ultimi tempi? Da quando Mark Zuckerberg ha annunciato che sarà il futuro del mondo digitale, davvero non si parla di altro.
Ad oggi, vuoi per la freschezza dell’argomento, vuoi per i confini non ancora ben definiti delle sue potenziali applicazioni, non c’è una definizione universalmente accettata di un vero “metaverso”. Nella Silicon Valley a volte si fa riferimento ad una descrizione del capitalista Matthew Ball2, autore del vasto Metaverse Primer, il quale afferma: “Il Metaverso è la prossima evoluzione di Internet: un mondo a tre dimensioni, una rete di esperienze interconnesse che vanno ben al di là della realtà virtuale come la conosciamo oggi. Questo sviluppo che finora è stato limitato alla fantascienza e ai videogiochi modificherà ogni settore, compresi i più piccoli aspetti della quotidianità: dal lavoro all’assistenza sanitaria, dall’istruzione alle relazioni personali. Indagando prospettive e rischi di questa nuova realtà, Metaverso rivela come si configurerà l’Internet di domani, cosa comporterà questa trasformazione e, soprattutto, chi saranno i vincitori e chi i vinti di quella che si preannuncia come una rivoluzione irreversibile.
Il Metaverso è una rete espansiva di mondi e simulazioni 3D persistenti e renderizzati in tempo reale che supportano la continuità dell’identità, degli oggetti, della storia, dei pagamenti e dei diritti, e può essere sperimentato sincronicamente da un numero effettivamente illimitato di utenti, ognuno con un senso individuale di presenza”.
Il termine “metaverso”, in origine, è stato coniato da Neal Stephenson che ne parla nel suo romanzo Snow Crash del 1992, in cui si riferiva a un mondo virtuale 3D abitato da avatar di persone reali. Seppure il tema del metaverso non sia nuovo1 “Il nuovo metaverso sarà inevitabile e ancora più potente. L’azienda che ne detiene il controllo diventerà una vera e propria divinità, più potente di qualsiasi governo mondiale” Tim Sweeney– Informatico Statunitense programmatore e sviluppatore grafico Unreal Engine.
2 Matthew Ball è partner di Makers Fund, il più grande fondo di investimento al mondo dedicato all’intrattenimento e ai videogiochi. Dal 2016 al 2018 è stato responsabile della strategia globale di Amazon Studios. Alcuni suoi contributi sono apparsi su «The New York Times», «The Economist» e «Bloomberg». Recentemente ha dato alle stampe il libro “Metaverso“.
Nel panorama fantascientifico, il libro di Stephenson rimane uno dei punti di riferimento più comuni per gli appassionati, insieme al romanzo Ready Player One di Ernest Cline del 2011.
In realtà, il passato vanta già diversi esempi di versioni primitive di “metaversi”. Mentre quasi vent’anni fa Second Life (è una piattaforma virtuale dove si può creare e personalizzare un avatar. Ci si muove in un ambiente simile a un videogioco e si interagisce con gli altri utenti chattando. Oltre che con i vari elementi presenti. Una sorta di mondo parallelo, almeno nelle intenzioni) spopolava, scuole e aziende hanno aperto campus satellite in quel mondo e in altri. Facendo ancora qualche passo indietro, i primi mondi virtuali sono spuntati negli anni ’70 con dungeon multiutente o MUD – Multi User Dimension. La ragione per cui oggi si è tornati prepotentemente a parlare del Metaverso, può ricondursi all’incredibile progresso di cui la tecnologia grafica e la connettività Internet sono state protagoniste.
Il termine Internet ormai non basta più
Matthew Ball è favorevole al termine “metaverso” perché crea un taglio netto con l’internet attuale. “Usare il metaverso come descrittore distintivo ci permette di capire l’enormità di questo cambiamento e, a sua volta, l’opportunità di interruzione. È molto più difficile dire ‘siamo a fine ciclo nell’ultima cosa e vogliamo cambiarla. Ma penso che capire questa prossima ondata di informatica e internet ci permette di essere più proattivi che reattivi e pensare al futuro come vogliamo che sia, piuttosto che come influenzare marginalmente il presente”.
Voci più ciniche suggeriscono che il “metaverso” permetta alle aziende di schivare il bagaglio negativo associato a “internet” in generale e ai social media in particolare. “Finché si può far sembrare la tecnologia fresca e nuova e cool, si può evitare la regolamentazione“, ha detto il ricercatore Joan Donovan al Washington Post.
Ma di chi sarà il Metaverso?
A questo punto, c’è da chiedersi come funzioneranno le gerarchie sul Metaverso. I punti di vista sono tendenzialmente due: da un lato potrebbero esserci enormi franchise mediatici tentacolari e altamente intertestuali di proprietà di poche aziende che promuovono i loro enormi cataloghi di proprietà intellettuale come universi condivisi. Dall’altro, stanno emergendo nuove tecnologie che potrebbero facilitare lo sviluppo di mondi virtuali meno centralizzati, come le criptovalute e i token non fungibili (o NFT).
Queste visioni metaverse si sovrappongono al concetto di Web3, un termine che copre i servizi internet decentralizzati dove gli utenti mantengono un controllo più personale sui dati che mettono online. Per aprire una piccola parentesi sugli NFT, si possono spiegare agilmente con un esempio pratico: se compri una camicia virtuale nella piattaforma A del metaverso, gli NFT possono creare una ricevuta
permanente e permetterti di riscattare la stessa camicia nelle piattaforme B e Z del metaverso. Ormai è opinione diffusa che il digitale ha permesso lo sviluppo di esperienze lavorative (ma non solo) estremamente più immersive, che riuscissero a garantire la flessibilità e una buona gestione degli slot temporali, senza dover rinunciare necessariamente al rapporto umano. Infondo, i danni causati da un impoverimento delle relazioni lavorative sono stati ben più che evidenti durante la pandemia, e certo nessuno vuole che si ripetano.
Un ottimo esempio di uno spazio fisico che è stato digitalizzato sono le riunioni: ci sono persone che si incontrano ancora in uno spazio fisico e persone che sono lontane ma è tutto collegato. Quindi il concetto di poter essere di nuovo in uno spazio virtuale come avatar, in definitiva come un ologramma, interagire con gli altri, avere relazioni spaziali con gli altri a causa di quelle cose come l’audio spaziale, penso che siano solo altre forme aggiuntive di ciò che abbiamo tutto abituato oggi con le video-riunioni.
Quindi il video che trascende gli avatar 2D e le riunioni immersive 3D è probabilmente un modo pratico per pensare a come emerge davvero il metaverso. Tutto ci darà più opzioni e più flessibilità su come mantenere la connessione umana e la connettività. Cosa dobbiamo aspettarci, quindi nei prossimi anni, se non addirittura nei prossimi mesi? Siamo abbagliati dalla velocità del progresso, e ci chiediamo a quali incredibili invenzioni assisteremo.
Ricerca ed elaborazione a cura di Pino Presicci.