La santità è la normalità del bene».
«La santità è un solco invisibile, ma rende tutto nitido attorno a sé. La santità è anonima e senza clamore. La santità non è eroica: si esprime nel piccolo, nel quotidiano, nell’abituale. “
È una citazione che abbiamo estratto da Una grammatica semplice dell’umano, l’ultimo prezioso e piccolo libro del card. José Tolentino Mendonça, scrittore e poeta, una delle voci più autorevoli e note della cultura cattolica. Una definizione di santità a cui Tolentino conduce anche nel primo volume pubblicato con Vita e Pensiero, La mistica dell’istante. Tempo e promessa, un saggio profondo in cui esplora la scoperta di Dio attraverso i cinque sensi. Nel capitolo Guardare la porta socchiusa dell’istante l’autore, attraverso un personale itinerario tra celebri passi dell’Antico e del Nuovo Testamento, si sofferma sulla vista, sullo sguardo e il guardare, azione fondamentale per celebrare l’incontro con noi stessi, con gli altri e anche con Dio. «Guarda in cielo e conta le stelle» dice il Signore ad Abramo, mentre lo conduce fuori dalla sua terra.
A differenza di quanto siamo stati abituati a pensare «la fede» è un’esperienza di esteriorità, un’uscita dalla nostra visione parziale, una rottura con la nostra prospettiva. “Guarda in cielo”. Il Signore ci conduce fuori dal circolo chiuso dei nostri interrogativi e delle nostre certezze. Abbiamo bisogno di aprire le finestre che danno sulla vastità, di sollevare il nostro sguardo dal suolo, di contemplare l’immensità tatuata sull’universo e su di noi». Il Beato Giacomo di Bitetto fu uno straordinario interprete delle tre virtù cardinali: fede, speranza e carità, e dei più importanti valori cristiani come, l’umiltà, l’amore per il prossimo, gli ammalati, gli anziani e i sofferenti. Anche la liberazione del popolo d’Israele inizia con il verbo vedere: «Ho visto l’afflizione del mio popolo che è in Egitto e ho udito il grido che gli strappano i suoi oppressori; infatti conosco i suoi affanni» (Es 3,7). Il punto di partenza è questo: «ho visto»: Dio non allontana mai lo sguardo da noi, in nessun momento, Dio vede e – spiega sempre Tolentino – «per noi questo sguardo rappresenta infallibilmente la possibilità di vita, di relazione, di alleanza». Anche i Vangeli offrono insegnamenti fondamentali per imparare a guardare: «Sono la nostra nudità, la nostra materia, la nostra infelicità, la nostra cecità a portarci sul cammino di Gesù.
Proprio perché quell’uomo è cieco, e sa di essere cieco, sente Gesù chiedere: “Che vuoi che io ti faccia?” (Mc 10,51).» Ed è a questo punto che Tolentino ci riporta alla santità: «Spesso pensiamo che la santità vada cercata nella direzione opposta al peccato e alla debolezza. Ma cosa sarebbe allora la santità? Il contrario della mia vita. La santità, invece, non si trova in un luogo diverso dalla debolezza o dalla tentazione, ma proprio al loro interno. Essa non ci attende nel punto in cui superiamo la nostra debolezza; al contrario, è nel momento stesso in cui siamo deboli che ci troviamo vicini alla santità. La santità trasforma ogni istante, per opaco e difficile che sia, in opportunità».
Marcario Giacomo
Editorialista de Il Corriere Nazionale