Del 23 Gennaio 2024 alle ore 22:47
Lo scenario europeo Fit for 55 prevede che, in Italia i consumi finali di energia al 2030 debbano diminuire di un quinto cioè di 266 miliardi di chilowattora e, la quota di elettricità dei consumi finali aumenti dall’attuale 22% del bilancio energetico 2022 al 27% del 2030.
Energia elettrica quindi per il 70% da fonti rinnovabili e altra energia elettrica, per alimentare la sostituzione di motori elettrici, aziende come le acciaierie a ciclo integrato come Ilva, quelle tessili, della carta, ceramica e altre.
Nasce ,ma vedo che è poco sentito il problema delle reti e delle strutture di accumulo.
Investimenti importanti e rilevanti.
IL PNRR assegna 500 milioni di euro su :” resilienza climatica reti ” (Missione 2, Componente 2) e 3,6 miliardi di euro per “ rafforzamento Smart grid“ (M2C2).
Al Sud sono stati finanziati 32 progetti di reti Smart, per 207 milioni di euro attinti non dal PNRR ma dal Programma Impresa e Competitività.
Una Smart o rete intelligente, riportando la definizione dell’avviso pubblico del Ministero della Transizione Ecologica è “ qualsiasi attrezzatura, linea, cavo o installazione, a livello di trasmissione e distribuzione a bassa e media tensione, destinati alla comunicazione digitale bidirezionale, in tempo reale o quasi reale, al controllo e alla gestione interattivi e intelligenti della produzione, trasmissione, distribuzione e consumo di energia all’interno di una rete elettrica, in vista di uno sviluppo della rete stessa, che integri in maniera efficace il comportamento e le azioni di tutti gli utenti collegati a essa (produttori, consumatori e produttori-consumatori), al fine di garantire un sistema elettrico efficiente dal lato economico e sostenibile, che limiti le perdite e offra un livello elevato di qualità e di sicurezza dell’approvvigionamento e della protezione“.
Investimenti insufficienti , per gli obiettivi del Fit for 55 e del Net Zero !
La rete funziona in modo che l’energia prodotta in centrale, viene distribuita attraverso una rete di trasmissione e poi di distribuzione che funziona, a senso unico nel senso che l’energia elettrica fluisce dal produttore al consumatore.
La distribuzione è sempre la stessa, a prescindere dalla quantità effettivamente necessaria e conseguentemente consumata.
Nelle Smart grid ovvero “rete intelligente“ mette in relazione produttori e consumatori con l’aggiunta nella rete di distribuzione della funzione “informazioni“.
In tal modo si ottiene la ottimizzazione nella distribuzione di energia elettrica evitando sovraccarichi e variazioni brusche di tensione. Nel sistema Smart la distribuzione è “a maglia“ e consente la distribuzione in modo bidirezionale. L’insufficienza di investimenti rispetto agli obiettivi è ,a mio avviso scelta squisitamente politica e il rischio blackout cresce proprio per la scarsità di investimenti di adeguamento e ammodernamento delle reti elettriche a fronte della consistente penetrazione delle tecnologie green, accelerata ulteriormente a seguito della guerra in Ucraina.
Secondo l’associazione delle imprese elettriche europee ci vogliono 400 miliardi di euro. Le conseguenze sono i crescenti ritardi nelle connessioni ,che disincentivano gli investimenti.
Insufficienti gli investimenti di Terna che nell’ultimo piano decennale ha previsto 18 miliardi e considerando ,che al 2030 la potenza deve crescere di 70 GW secondo il Fit for 55 e 85 GW secondo il REPowerEU di miliardi ce ne vogliono 30. Certo che appare poco comprensibile non considerare prioritaria la connessione alla rete di trasmissione rispetto alla costruzione di impianti FER.
Rinnovabili, reti e accumulo dovrebbero crescere insieme.
Ricordo di un convegno del 2009 organizzato da Aiee e Ises Italia dal titolo “ Sviluppo delle energie rinnovabili e adeguamento delle reti elettriche“ e lo straordinario successo che registrò.
Sono trascorsi 14 anni e leggendo il rapporto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente (EEA) e dell’Agenzia UE per la Cooperazione tra i Regolatori dell’Energia (ACER) dal titolo“ Flexinility solutions to support a decarbonised and secure EU electricity system”, passi insufficienti sono stati fatti in Europa ma soprattutto da noi.
Tra sei anni le rinnovabili devono rappresentare il 42,5% del consumo finale lordo di energia come da direttiva Red 3.
La rete elettrica dovrà di conseguenza essere in grado di gestire l’intermittenza e la diversa erogazione ,che derivano da una maggiore produzione da fonti rinnovabili. Per sfruttare i benefici di risorse distribuite la rete dovrà raddoppiare la propria flessibilità entro il 2030, riporta un recente Rapporto di IEA, dal titolo “ La mancanza di ambizione e attenzione rischia di rendere le reti elettriche l’anello debole delle transizioni verso l’energia pulita“ pertanto vanno sfruttate non solo soluzioni di accumulo energetico (dalle batterie, al pompaggio), ma anche quelle del cosiddetto demand response che dipende dalla flessibilità energetica.
Una volta la flessibilità energetica equivaleva, a regolare la quantità di elettricità immessa in rete in forma centralizzata, in modo che offerta e domanda si uguagliassero. Praticamente si accendevano o spegnevano centrali, per avere l’equilibrio. La garanzia della flessibilità di rete oggi è spostata sull’utente.
La digitalizzazione oggi consente di immettere la energia, in eccesso sul mercato oppure modulare il proprio consumo di energia attraverso una remunerazione.
Una azienda per esempio può esercitare il demand response consistente nel ridurre o aumentare il consumo di energia in cambio di una remunerazione.
Questo in risposta al picco di domanda oppure di offerta esistente sul mercato elettrico. L’azienda in tal modo contribuisce alla stabilità della rete, consentendo a eolico e solare che sono intermittenti, ma che sono fondamentali per lo sviluppo sostenibile.
L’articolo FER e reti elettriche è già apparso su Il Corriere Nazionale.