di Angela Golia
Una mostra a palazzo reale di Milano che offre l’opportunità di ripercorrere la brillante carriera di uno dei più straordinari artisti della modernità: lo spagnolo Francisco Goya.
Artista moderno che visse un’epoca complessa e costellata da fitte trame politiche e sociali, come la fine dell’Ancien Regime, la Rivoluzione Francese, la conquista Napoleonica della Spagna, la guerra d’indipendenza e la Restaurazione.
E appunto come artista moderno, è stato capace, come reporter contemporaneo, di registrarne le contraddizioni, rivelando i vizi, le bruttezze di ogni classe sociale, con spirito lucido, polemico e decisamente satirico, come nei famosi Capricci.

Fu spesso dibattuto tra opere commissionate, in quanto artista di corte (prima presso l’illuminato Carlo III di Borbone e poi, primo pittore di camera per conto del figlio, l’inetto Carlo IV) e tra opere di libera ideazione senza richieste di mercato, ed è proprio con quest’ultime che seppe dispiegare, tutta la sua visionaria fantasia, piegandola non alla mera invenzione ma allo svelamento della cruda verità che si celava sotto le apparenze e alle manovre subdole del potere.
IL SOGNO DELLA RAGIONE GENERA MOSTRI
Ed è emblematica, anche per i riferimenti all’attualità, proprio la famosa incisione intitolata “Il sogno della ragione genera mostri”, presente in mostra, che era stata pensata da Goya come frontespizio dei famosi Capricci (letteralmente invenzioni, fantasie) e che essendo troppo carica di riferimenti alla realtà dell’epoca, fu collocata con il numero 43 rispetto alle ottanta realizzate.
I capricci furono pubblicati a spese dell’artista per circolare in quanto incisioni, il 6 febbraio del 1799 e due giorni dopo, l’8 febbraio furono requisite proprio dall’Inquisizione che non ne apprezzò la carica eversiva, nonostante l’artista negasse qualsiasi tipo di riferimento ad eventi reali.

In questa incisione, Goya raffigura un uomo probabilmente un intellettuale della borghesia colta, elegantemente vestito e con le gambe leggermente accavallate che appoggia la testa ad una scrivania su cui si vedono dei fogli e… dorme.
Ed è proprio in questo momento, quando la sua consapevolezza non è desta ma completamente assopita che appaiono degli animali mostruosi: ai suoi piedi, una lince con gli occhi spiritati e le orecchie appuntite, alle sue spalle, un gatto nero e una civetta con le ali dispiegate e poi, gufi e civette che si affastellano come macchie monocromatiche ed infine, in alto, incombono numerosi pipistrelli, uno in particolare troneggia, come massa scura, in alto in diagonale sulla testa dell’uomo.
Sulla fronte della scrivania, risuonano una frase che dice: “Il sonno o il sogno della ragione genera mostri”.
E ci domandiamo: chi è o chi rappresenta l’uomo? Che significato hanno quegli strani animali? Sono reali o prodotti della fantasia di un sogno o meglio di un incubo?
E ci domandiamo…già, l’interrogazione porta in sé la volontà di risveglio dal sonno della ragione, come se nel desiderio di capirne il significato, si rivelasse la determinazione di “vedere” proprio quelle ombre, le oscurità nascoste nell’inconscio dell’uomo.
Goya stesso ci offre la chiave di lettura dell’opera: l’uomo dormiente è proprio lui che si è assopito o meglio è la sua mente che si è addormentata, portandolo ad essere dominato da presenze oscure.
Gli animali mostruosi sono il simbolo del demoniaco, delle forze irrazionali della fantasia e dell’immaginazione che ora non più connesse con la razionalità, governano l’uomo dormiente, diventando l’unica realtà, la sua verità.
E Goya annota proprio nei Capricci questa riflessione rivelatrice: l’immaginazione quando è disgiunta con la razionalità, produce i mostri ma quando, invece, la mente e il cuore sono connesse, allora l’uomo è in grado di generare l’opera d’arte.
Un’incisione sorprendentemente moderna e attuale che ci stimola alla riflessione sull’uomo della sua epoca e sull’uomo della nostra contemporaneità.
 

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