Ha fatto ridere e anche piangere fino alle lacrime letteralmente il mondo intero e allo stesso tempo il più amato e più rispettato del suo tempo: figlio della miseria, uno dei bambini di Londra descritti da Dickens, scuole per i poveri, ospizi per gli abbandonati, già a sei anni sul palcoscenico. Più tardi, nessuno fu fatto segno delle ovazioni e acclamazioni dovunque nel pianeta: dappertutto era oggetto di accoglienze trionfali, nessun personaggio prima o dopo di lui ebbe tanti riconoscimenti e successo popolari, folle di entusiasti, durante più di sessanta-settanta anni! E’ incredibile, eppure è così! I grandi uomini sia politici sia delle scienze o dell’arte o del capitale si facevano motivo di prestigio ossequiarlo e onorarlo.
L’altro, è sintetizzato nelle parole della ultima moglie: “quando si ha la fortuna di vivere accanto a lui, non si ha bisogno di guardare al sole!”. Se poi si ricorda che la sua bibliografia, già lui ancora in vita, era quasi sconfinata e che oggi da molti anni, da prima della morte, è l’artista in generale più presente nelle aste internazionali e nel mercato antiquario con le quotazioni più elevate o tra le più elevate, allora si comprende il valore fuori dei parametri normali della sua presenza. Tutto in questi due uomini è fuori e al di là del comune.
Stiamo presentando anzi ricordando Charles Chaplin detto Charlot (1889-1977, a 88 anni) alto 1,65 m, inglese, e Pablo Picasso (1881-1973, a 92 anni) alto 1,63 m, spagnolo francese: due titani del 1900 del linguaggio artistico, due personalità senza possibilità di paragoni e raffronti, l’uno dell’arte cinematografica e l’altro di quella pittorica, piccoli di statura ma giganti insuperati e non facilmente superabili perché hanno dato all’umanità il massimo in qualità e in quantità nelle rispettive discipline, avvincendo e quasi incatenando tutti: invero due mondi! Due personaggi miracolosamente quasi identici anche nel fisico, quasi coetanei di età, i loro occhi due fuochi coinvolgenti e penetranti; entrambi solleciti del pubblico benessere e della pubblica felicità grazie alle loro opere, entrambi -uno di più- progressisti e riformisti e pacifisti e necessariamente, l’uno -Charlot- senza dichiararlo, di sinistra, l’altro invece -Picasso- ufficialmente e pubblicamente sempre in prima fila nelle manifestazioni del partito comunista francese.
Charlot, tutto il mondo lo conosce, letteralmente, tutti : Il Monello, il Vagabondo, il Dittatore, Tempi moderni, centinaia di altri titoli, quei baffetti, quella bombetta sul capo, quelle scarpacce e quel bastone incredibile, quelle ineguagliabili pantomime e gesti e mosse e ed espressioni e quelle avventure e vicende sistematicamente fonte di risate o di commozione ed intenerimento che si dispiegavano alla vista del pubblico nelle sale e nei teatri del mondo intero: tutto muto, perché il sonoro e il parlato ancora sconosciuto -1928- ma tutto leggibile e comprensibile! Quei bambini attori, quelle attrici: scene inaudite, espressioni del volto e movimenti del corpo mai visti: lo sforzo e la volontà implacabili per continuamente misurarsi e perfezionarsi ed innovare, parimenti all’altro gigante, Picasso, che addirittura, come ricorda il suo critico: “quando dipingo, lascio il corpo fuori della porta, come i musulmani le loro scarpe fuori della moschea e, chiuso nel mio studio, inizio la lotta spietata con la mia anima e la mia fantasia per creare”: “ogni mia opera deve avere qualcosa in più di quella precedente” e si osserva che in una gigantesca e non definibile quantità di opere realizzate, come nessun altro artista, incredibile a dirsi nessuna uguale a un’altra, mai una ripetizione o replica o copia! In entrambi i personaggi, attuali in ogni momento i principi etici e determinatezza, volontà di perfezione e di eccellenza.
La sola differenza sostanziale tra i due geni era che l’uno, Charlot, si rivolgeva all’umanità in generale senza discriminazione, prima da Londra poi dall’America quindi dalla Svizzera, l’altro, Picasso, al mondo selezionato pur esso universale degli amanti e intenditori d’arte. E perciò avveniva che quando Charlot appariva in luoghi pubblici, incredibili e inimmaginabili l’afflusso e la folla ad applaudirlo e festeggiarlo a seguito dei momenti di felicità che regalava ad ognuno coi suoi film. E’ vero, è inaudito, nessuno ha mai riscosso tanto plauso e successo di umanità dovunque e nemmeno, aggiungo, esiste un qualcuno grande e famoso che si voglia, che abbia riscosso così tanti onori ed omaggi da parte di governanti e di monarchi, come Charlot! Oggi ancora quando vengono proiettate, le sue vicende e le sue avventure fanno ridere e piangere la umanità, in tutti i continenti! E tutti dimenticano, in quei venti-trenta minuti le sofferenze e i dispiaceri che la esistenza non risparmia alla gran parte! Tutto è una realtà al superlativo a proposito di Charlot e di Picasso!
L’altra differenza tra i due grandissimi del Novecento è che l’uno visse in Francia, terra di rivoluzioni e di lotte secolari per la libertà di pensiero, l’altro in gran parte negli Stati Uniti patria dei puritani e degli schiavisti e dei razzisti per cui ad un certo momento a Charlot, pacifista e semmai un pizzico di anarchia, mai legato ad alcuna ideologia, avvenne che a seguito delle sue attenzioni artistiche verso i miseri e i derelitti della società ad un certo punto, quando più feroce era il famigerato e macabro maccartismo americano, qualche uomo di potere ostile o imbecille ottenne che Charlot, l’uomo più amato d’America, venisse espulso dagli Stati Uniti per le sue idee comuniste! E così fu: dal 1952 Charlot e famiglia si insediano nella felice Svizzera sulle rive del Lago di Ginevra, a Vevey. Scomparsi o neutralizzati i nemici, Charlot fu pregato dalla popolazione di tornare in America ma ormai i giochi erano fatti, inguaribili la delusione e l’offesa: tornò solo per accettare le onorificenze accademiche da parte delle università e soprattutto per ritirare uno di due premi Oscar, in occasione della proiezione di quel capolavoro inaudito che è Luci della ribalta: le cronache raccontano sia della commozione generale di un pubblico mai visto prima in quel numero, anche di Charlot stesso fino alle lacrime e sia dell’ovazione tributata: riferiscono le cronache che non si ricordano applausi più entusiasti e di più lunga durata di quelli in onore di Charlot! Anche l’altro titano, pur se dedicato esclusivamente alla sua arte e a far soldi in quantità, ebbe in verità una esistenza spensierata sulla Costa azzurra o in uno dei due o tre antichi castelli di proprietà, assieme al suo ultimo amore, Jacqueline, di cui abbiamo ricordate le parole che soleva esprimere quando intervistata: “Picasso è il mio sole”.
©Michele Santulli