Recensione di Enzo Concardi
L’ultima opera di Gabriella Frenna, Regina Nefertiti (Guido Miano Editore, Milano 2023), ci trasporta completamente nel mondo meraviglioso delle antiche civiltà mediterranee, in specifico nella millenaria società e cultura dell’antico Egitto faraonico. Consiste in un racconto in versi o, se si vuole, in una poesia-prosa che si sofferma a lungo sull’unico tema del libro, anche con reiterazioni insistite tendenti ad esaltare la grandezza e la bellezza di quel mondo, di cui oggi abbiamo ancora vivide testimonianze nei musei e nelle realizzazioni architettoniche, nonché nella misteriosa scrittura geroglifica. La fonte ispiratrice delle liriche proviene dall’attività professionale ed artistica del padre Michele, creatore di mosaici, alcuni dei quali sono raffigurati accanto alle poesie: è l’arte musiva raccontata dal genitore alle figlie, anche attraverso frequenti visite ai siti archeologi e ai musei egizi, fin dalla loro giovinezza, in slanci passionali senza confini.
Tassello per tassello, come avviene nella costruzione di un mosaico, la scrittrice visita i vari aspetti del mondo egizio e faraonico per trasmettere al lettore le informazioni essenziali da cui partire nella conoscenza di una civiltà ricca di sorprese e stupori. Inizia col sottolineare l’importanza del grande fiume Nilo, sul cui delta essa si sviluppò, il quale rendeva fertile il terreno, favorendo così lo sviluppo delle coltivazioni e dell’economia (Civiltà mirifica, Egitto faraonico). Ella poi ci rende edotti del grande fascino sempre esercitato su di lei dai tanti segreti non ancora decifrati conservati nelle piramidi e nei papiri, così come dall’imponenza delle grandi opere faraoniche (Cultura egizia, Antico Egitto). Subentra, ad un certo punto del libro, la memoria viva dei racconti paterni intorno ai mosaici dedicati ai personaggi, alle realizzazioni, ai luoghi in cui si svolsero le vicende storiche per circa tre millenni: la contemplazione del cielo con l’astronomia; lo studio del flusso e deflusso delle acque del Nilo e le ricerche sulla sua vegetazione; il culto degli astri; il pensiero sacrale (Rimembro, Antica civiltà mediterranea). Si sofferma sugli enigmatici geroglifici incisi su monumenti, statue, obelischi e templi: essi furono una scrittura considerata sacra dagli egizi e ricevuta in dono dagli dèi (Enigmatica scrittura).
Talvolta la scena si sposta, per poco tempo, abbandonando la culla di quella civiltà per trasferirsi, ad esempio, al Museo del Louvre a Parigi, ove coll’amato padre visita i reperti millenari là custoditi: vi sono anche oggetti di pesca e caccia, strumenti musicali, gioielli, giochi, utensili della vita domestica (Louvre). Subito l’attenzione torna ai simboli in terra egiziana: la Sfinge con il suo enigma risolto da Edipo (Sfinge, Enigma della Sfinge); le Piramidi, simbolo del potere faraonico, che accompagnavano verso il cielo l’ultimo viaggio del supremo (Piramidi). E finalmente ecco il personaggio centrale del libro a cui dà il titolo: Regina Nefertiti. È sempre il padre la voce narrante di tutto: «…Amava raccontare / la storia di Nefertiti / regina e sposa amata / del faraone Akhenaton, / la loro rivoluzione / politica e religiosa, / ritraendo in mosaico / il carismatico ritratto / e la beltà della regina» (Storia millenaria).
L’epilogo del libro è centrato sui particolari dell’opera della regina e del faraone, dall’introduzione del monoteismo con il dio Aton alla riforma artistica con immagini ritraenti la famiglia reale (Faraone Amenofi IV, Akhenaton Faraone). Indubbiamente il fascino di Nefertiti è il nucleo centrale dei mosaici del padre: «…Nefertiti chiamata “perfetta” / come la perfezione di Aton, / “Meravigliosa bellezza di Aton”. / Solo a lei furono concessi titoli / di “Grande sposa reale” / e “Signora delle due terre”» (Ritratto); «… Dei piccoli tasselli di vetro / definiscono il volto regale, / rivelano soavi lineamenti / della regina Nefertiti, / perpetuando splendore, / storia e leggende lontane» (Piccoli tasselli di vetro).
Enzo Concardi