Non solo comunicazione e divertimento: i social network possono avere degli effetti negativi sulla nostra salute mentale.
I social hanno avuto un forte impatto nella nostra vita, apportando dei notevoli cambiamenti al modo di comunicare con gli altri. Per molti stare sui social è diventato un vero e proprio business, per altri è un modo per isolarsi ed evadere dalla realtà, per altri è solo un passatempo e nulla di più, per altri invece è un modo per prendere di mira i più deboli. Secondo il report globale in collaborazione con Meltwater, si stima che in tutto il mondo ci sono 4,76 miliardi di utenti che utilizzano i social media. WhatsApp, Instagram, Tik Tok, Facebook … in pochi attimi riusciamo ad entrare in contatto con persone che sono dall’altra parte del mondo, riusciamo persino a rintracciare persone che non vediamo da anni.
Tutto questo sembrerebbe essere fantastico, ma non stiamo forse perdendo qualcosa? Qualcosa al livello umano? Si è perso ormai il piacere di comprare una cartolina, attaccarci un bel francobollo e scrivere a mano, così di getto ciò che vogliamo dire al nostro destinatario. Si sta perdendo il piacere di stare insieme alle altre persone e di guardarsi negli occhi mentre si parla, e focalizzarsi totalmente su quello che l’altra persona ci sta dicendo, perché ormai insieme a noi c’è sempre il telefono. La tentazione di guardare chi ci ha mandato un messaggio mentre parliamo con l’amico è irrefrenabile. Allora c’è da chiedersi, è sempre indispensabile dover rispondere subito mentre si è in compagnia di un’altra persona? O si tratta di una vera e propria dipendenza? La dipendenza da social media è considerata un disturbo del controllo degli impulsi, facendola così rientrare all’interno della dipendenza da internet, conosciuta anche con il nome inglese Internet Addiction Disorder (IAD).
Ma perché diventiamo schiavi di questo sistema? I ricercatori hanno scoperto che la dipendenza è causata dal desiderio umano di condividere con altri ciò che sta facendo. E così inconsciamente si crea una sorta di competizione a chi fa più cose, a chi mostra il vestito più bello, a chi frequenta i locali più alla moda. Ma imputare la colpa interamente agli utenti è sbagliato. Come facevamo un tempo? Le persone anche prima dei social andavano al ristorante, viaggiavano, andavano a fare shopping, eppure non si poteva postare in tempo reale tutto ciò. Semplicemente si telefonava agli amici, ai parenti, per raccontargli ciò che si era fatto. Sicuramente un’enorme vantaggio dei social è che rivolgendoci ad un pubblico vasto di utenti ci sentiamo meno soli. I social non mostrano la realtà nella sua interezza e possono essere pericolosi. Filtri per modificare i connotati del viso, Photoshop per ritoccare le foto, insulti sotto ai post degli utenti, ognuno ha il libero arbitrio di scrivere ciò che vuole, sia cose positive che cose negative. Innanzitutto da un social non si può pretendere di conoscere la vita di una persona.
La libertà di poter commentare non implica dover essere scortesi e maleducati con gli altri utenti. Leoni da tastiera, così vengono definiti gli utenti che insultano, screditano, o minacciano gli altri utenti del Web. Attuando determinati atteggiamenti portano la vittima a soffrire, a voler eliminare i social, a isolarsi, e nei casi più estremi anche a togliersi la vita. La sensibilizzazione sull’uso corretto dei social andrebbe fatta a scuola, in casa, ovunque, per far comprendere a bambini, adolescenti e anche adulti che il Web non è un videogioco dove se si sferra un gancio sinistro il personaggio rimane indenne. Le persone che sono dall’altra parte dello schermo sono reali, hanno dei sentimenti che possono essere turbati dall’atteggiamento poco consono di altre persone. Bisognerebbe pensare al Web come una scatola gigante, dove ogni utente vi pone qualcosa all’interno: fake news, post interessanti, post volgari, foto di viaggi, foto di animali, foto oscene.
Ci si può imbattere in qualsiasi cosa, ed è per questo che soprattutto i bambini dovrebbero stare alla larga dal Web. Il loro cervello si sta formando, la loro personalità si sta formando, tutto influenza la loro crescita. Esporre un bambino sui social significa darlo in pasto a persone che non sempre hanno buone intenzioni, mettere i dati sensibili sui social come data di nascita e nome e cognome, potrebbe portare ad un furto d’identità. I social, Internet sono dei mezzi utilissimi e molto belli se usati con discrezione senza nuocere agli altri. Il bombardamento di foto da parte del Web di modelle, con cartelloni pubblicitari ritoccati con Photoshop, mostrando una perfezione che non esiste, ha spinto molte ragazze e ragazzi a voler raggiungere l’olimpo della bellezza impeccabile, un mito che non esiste. Ha portato a credere che mostrarsi al naturale con rughe e smagliature sia sinonimo di bruttezza e trascuratezza per chi non ha ceduto al bisturi. Fenomeni naturali come l’invecchiamento sembrerebbero non essere accettati da molti utenti che rimangono maggiormente colpiti da un volto perfettamente levigato. Ha portato molte ragazze e ragazzi a soffrire di disturbi alimentari, pensando che certi canoni di bellezza siano da imitare.
Non staremo forse puntando tutto sull’apparire invece che sull’essere? Non staremo forse perdendo quel senso di accettazione di noi stessi per ciò che siamo senza doverci ossessivamente paragonare a qualcun altro? La vita di nessuno è perfetta, eppure se si apre un qualsiasi social si vedono persone sempre felici, sempre in viaggio, sempre sulla cresta dell’onda. Tutto ciò ci porta a farci credere che la vita di quell’utente sia perfetta, ma così non è. Postereste mai una foto di voi stessi in cui piangete o litigate con qualcuno? Quindi sui social tutto appare perfetto, perché siamo noi a selezionare alcuni momenti della nostra vita da condividere con i nostri followers.
I social sono un bellissimo strumento per condividere bei momenti della nostra vita con le persone che ci seguono, senza dover telefonare a tutti per dirgli cosa sta accadendo nella nostra vita, ma attenzione a non cedere all’idea che la vita degli altri utenti sia migliore della vostra. Non postare non significa non esistere, non avere i social non significa essere asociali.
Diletta Guarnaccia