“Hakuna matata” significa “Non c’è problema”, è la risposta dei nativi keniani alla domanda: “Come va?”. E la risposta è sempre la stessa, a prescindere dal fatto che le cose vadano bene o meno… In Kenya il sentimento prevalente è l’ottimismo, si direbbe.
Se poi si vuole chiedere a qualcuno come sta si dice “Abaregani”, e l’altro risponderà “Musuri sana” ossia “Benissimo” anche se magari proprio benissimo non sta…
Ecco un esempio di come ci si saluta:
Jambo, jambo buana, abaregani? – Signore, come stai? –
Musuri sana – Benissimo. –
Non si tratta solo di un tipo di saluto in lingua Swaili, è anche l’inizio di una nota canzone.
Il Kenya è un paese che va assolutamente visitato, e non solo per l’affabilità degli abitanti: per esempio, imperdibile la parte nord del Serengeti National Park dove è rappresentata praticamente tutta la fauna africana; la parte sud del parco si trova invece in Tanzania, lo stato che nacque nei primi anni ’60 dall’unione di Tanganica e Zanzibar.
Né potrà mancare la visita alla Masai Mara National Reserve, dove si potrà anche partecipare a un (costoso) safari partendo da Nairobi.
Il popolo dei Masai ha ormai quasi abbandonato il nomadismo. Si possono incontrare soprattutto nella zona sud, talvolta a scopo turistico all’ingresso dei lodge. Sono forse i nativi più interessanti dell’Africa subsahariana, dall’aspetto nobile ed elegante: alti e slanciati, vestiti di rosso, appoggiati alla lancia, si lasciano fotografare dai turisti e a me suscitano un senso di nostalgia pensando alla fierezza di un popolo che è andata perduta con l’avvento dell’occidente.
E a proposito d’occidente, va detto che l’impatto del turismo in Africa è stato spesso devastante perché, come ovunque, si sposta via via a seconda degli investimenti che a loro volta seguono le tendenze di moda.
E’ quel che è accaduto in Kenya in particolare nella costa sud nella zona di Malindi, Watamu ecc…Si vedono interi villaggi turistici abbandonati, vestìgia di un passato florido fino agli anni ’90 ma purtroppo decaduto dopo il 2000 per vari motivi, fra cui la non fattibilità di un aeroporto vicino a Malindi per esempio.
L’unica speranza è nel futuro sviluppo di certe zone del Kenya, ma non legato soltanto al turismo.
Sandra Fallaci©
foto tui.nl