Del 15 Novembre 2023 alle ore 12:50di Lino Sacchi*
Era Ferragosto e l’attacco colse tutti impreparati. Le forze armate erano concentrate al nord, dopo che ai Servizi era stata servita una polpetta avvelenata: la notizia di un imminente attacco da parte della Svizzera. Erano inoltre falcidiate dalle numerose licenze concesse su “spinta” del Governo per venire incontro al turismo, che sta attraversando una fase “debole”. Ma per riepilogare ciò che accadde, riporto verbatim il resoconto che andò in rete su uno dei grandi TG:
<Dopo gli eventi dei quali abbiamo riferito nelle edizioni di ieri del nostro Tg, la situazione in Sicilia appare al momento stabilizzata. Riepiloghiamo lo sviluppo. All’alba, rivolte sono scoppiate in tutti gli hotspot ed i CPR dell’isola col risultato di una generale evasione. I rivoltosi disponevano di armi da taglio, in particolare di machete e della temibile, affilatissima katana di bambù, delle quali non si sa come erano venuti in possesso. In straordinario sincronismo, sono approdate varie decine di barconi carichi di armati, col supporto di una motovedetta di fabbricazione italiana, che è risultata rubata – su questo ci sono ancora dei dubbi – alla guardia costiera tunisina. La presa di possesso dell’isola è stata rapidissima: non si è sparato un colpo, in quanto le forze dell’ordine hanno ricevuto l’ordine di restare nelle caserme perché “mancavano le condizioni di sicurezza” (come ha dichiarato il Ministro dell’Interno); la loro riconversione a servizio civile, in particolare assistenza agli anziani e prevenzione incendi boschivi, è già oggetto di discussione. Il leader dell’operazione si è insediato a Palazzo Orléans. Personaggio misterioso, si fa chiamare al-Sikili, e sembra sia un immigrato di seconda generazione.
L’operazione ha certamente richiesto una preparazione accurata e secondo rumors considerati attendibili, si è valsa della collaborazione di varie mafie, particolarmente le balcaniche, oltre naturalmente alle principali famiglie siciliane. È stata indolore: unico tentativo di resistenza, presto sopraffatto, quello degli scafisti, i quali hanno visto svanire il loro business.
Allo scattare dell’operazione, l’imam di Torino Porta Palazzo (massima autorità dell’Islam nella penisola, autoproclamatosi “Grande Imam”) ha emanato una fatwa che dichiarava la Sicilia dar-al-islam, cioè terra di governo e diritto islamici. La Sicilia fu dominata dagli Arabi per un paio di secoli, e esperti da noi interpellati ci hanno chiarito che, secondo la dottrina, una terra che è stata governata dall’islam resterà terra islamica in eterno (è il motivo per il quale, a seguito degli eventi siciliani, stanno già manifestandosi segni di nervosismo in Andalusia). La fatwa contiene le prescrizioni di applicazione immediata, previste dalla versione “piemontese” della sharia. Comprendono l’espulsione delle ragazze dalle scuole miste, l’obbligo dell’hijab per le donne, con forte raccomandazione per il chador, la proibizione della musica occidentale, regole strette sull’alimentazione. I cristiani, come cultori di una “religione del libro” (dhimmi), avranno il diritto di praticare i loro culti, ma non di fare proselitismo né di darsi nuovi luoghi di culto. Assai più duro l’atteggiamento verso i politeisti, che, fortunatamente, in Sicilia sono pochissimi, riducendosi ad alcuni nigeriani che praticano il vodoo. Il primo decreto del Grande Imam prevedeva anche l’eliminazione dei cani, considerati animali impuri, ma questo provvedimento è stato ritirato dopo poche ore, quando si sono manifestati segni di vasta sollevazione popolare.
La situazione è relativamente tranquilla, anche se episodi di violenza non sono mancati; in particolare, ai bambini, sono stati strappati i telefonini, considerati immorali (senza, a quanto pare, che si sia manifestata una particolare resistenza da parte dei genitori). Si lamenta anche qualche saccheggio, peraltro legittimo, come ci ha chiarito un esperto da noi interpellato. Ecco, infatti, quanto ci ha trasmesso: “la proprietà del bottino di guerra è regolamentata nell’Islam dalla Dottrina del “Quinto” (Khums) quale emerge dal Corano (VIII, 41), dalla biografia del Profeta (Sīra) e dalla tradizione ovvero dagli Hadith (esempio, Sahih Bukhari, vol 4, 53). La dottrina prescrive che i quattro quinti del bottino di guerra vadano al combattente e un quinto (Khums) a Allah o al suo Inviato o ai successori di questo (ovvero al potere centrale). Da sempre, il bottino comprende anche le donne, tra le quali tuttavia, Cristiane ed Ebree hanno il diritto di riscattarsi pagando la jizya”.
In Italia, le prime reazioni del mondo politico e istituzionale sono state prudenti. Tutte hanno sottolineato la necessità di aprire un dialogo. Il Sommo Pontefice ha richiamato il comune retaggio delle grandi religioni di discendenza abramica, sottolineando che i nemici comuni sono l’ateismo e il culto di mammona. La premier Giorgia Meloni ha immediatamente contattato i vertici delle istituzioni europee, dopo di che ha dichiarato “l’Italia non sarà lasciata sola”. Elly Schlein, segretaria del PD, ha richiamato all’unità le varie anime del suo partito, e ha indetto una manifestazione nazionale a Roma, assicurando che l’ordine del giorno terrà conto delle suddette anime. Il leader 5-stelle Giuseppe Conte ha dichiarato che l’Italia sta giustamente scontando i peccati del suo passato coloniale ed eurocentrico, iniziati nel 1492 con la cosiddetta “scoperta” dell’America. Ha anche citato il rischio di un aumento dell’islamofobia. Dalla “sinistra radicale” è venuto il commento che il divieto alle donne di imparare a leggere e scrivere era stato proposto, già due secoli fa, da quello che è considerato uno dei padri del comunismo, Sylvain Maréchal, teorico della “Congiura degli Eguali”. Dalla stessa fonte è arrivato anche il riconoscimento che, dopo i successi del movimento “Me too”, una simile posizione è diventata improponibile nel mondo cristiano. Da quell’area politica si è anche manifestata preoccupazione per i “nuovi poveri”, gli scafisti, e si è proposto di estendere a loro il “lenzuolo” dell’Assegno di Inclusione. Matteo Renzi ha solo dichiarato “io l’avevo detto”. Matteo Salvini “peccato, adesso che avevamo minimizzato gli sbarchi”. La dichiarazione più sintetica è arrivata dall’anziano senatur Umberto Bossi: “finalmente!”. Vi attendiamo per le prossime edizioni del nostro Tg>.
La prima volta come tragedia, la seconda come farsa (Karl Marx)
*già Ordinario di Geologia Università di Torino Socio nazionale dell’Accademia delle Scienze di TorinoL’articolo Sicily-next è già apparso su Corriere di Puglia e Lucania.