Era il nome dell’ultimo Imperatore d’Etiopia Hailé Selassié prima dell’incoronazione nel ’30, quando divenne negus neghesti (re dei re): lui era il discendente della dinastia iniziata, secondo la tradizione, con re Salomone e la regina di Saba.
E’ molto difficile insegnare storia agli studenti etiopi, che hanno un’idea non realistica bensì mitica del tempo; e nello studio della storia la temporizzazione è basilare, altrimenti manca l’ancoraggio alla realtà.
Se si crede che personaggi vissuti nel XX sec. siano figli (sic) di re Salomone e della regina di Saba, significa che non si ha idea del vero svolgersi degli avvenimenti. E il professore di storia, che deve dare il voto sulla pagella, avrà un bel daffare a spiegare la differenza tra mito e realtà: e quando penserà di esserci riuscito rimarrà deluso perché gli studenti diranno quel che vuol sentirsi dire alle verifiche per ottenere la sufficienza, ma poi rideranno sotto i baffi…
E quando la mappa mentale ha inclinazione verso il mito, c’è la tendenza a mitizzare tutto: per esempio, si racconta che un giorno Hailé Selassié sia atterrato sull’isola di Giamaica dove non pioveva da 7 anni, e in quel momento iniziasse a piovere. Non esistono prove di questo, ma certamente il 21 aprile del ’66 le 100.000 persone presenti all’aeroporto di Kingston s’inginocchiarono: era stato di fatto divinizzato, e lui stesso si meravigliò di questo.
Il suo vero nome era Ras (ossia principe) Tafàri, ovvero Rastafàri: i rasta (diminutivo di rastafariani) sono cristiani di tradizione etiope/ortodossa, sistemano i capelli con lunghe treccioline che lavano con aceto e acqua calda, usano i colori della bandiera etiope quindi rosso, giallo e verde chiaro. Il Rastafari Movement è basato su un way of living particolare, uno stile di vita che coniuga il messaggio cristiano con i bisogni della vita moderna.
I giovani vestono con maglie che riproducono Bob Marley, il loro idolo; un cantante musicista giamaicano che è al 19° posto nella classifica dei 100 migliori cantanti al mondo. Divenne famoso ovunque con la musica reggae, ma anche l’impegno politico fu assai importante per lui, che si batteva per l’integrazione delle razze di colore. Fumava una ventina di spinelli al giorno, è morto a 36 anni di un tumore incurabile diffuso in tutto il corpo.
Tutto ciò è più che sufficiente per creare un mito indistruttibile., che infatti dura tuttora fra i giovani.
Anche nei sobborghi a sud di Addis Abeba, nonché a Shashemene, persiste la tradizione di fumare l’erba come fuga dalla realtà.
Sandra Fallaci©
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