Del 15 Novembre 2023 alle ore 17:13Nonostante la sua enorme popolazione – che supera quella di Europa, Nord America e Oceania messe insieme – la Cina sta attualmente attraversando una crisi demografica che ha portato il governo a prendere in considerazione misure drastiche per affrontare il problema. Dall’attuazione della politica del figlio unico nel 1982, il tasso di natalità della Cina è costantemente diminuito dall’1,4% nel 1982 allo 0,53% nel 2020. ll recente sondaggio condotto su 500.000 famiglie, ha sollevato allarmi sul calo della popolazione a Pechino. Lo scorso anno il paese ha assistito a un calo demografico di 850.000 persone. Di conseguenza il governo ora sta contemplando tattiche più coercitive, tra cui il monitoraggio dei cicli mestruali e sanzioni per chi non ha un secondo figlio. Si ipotizza addirittura di industrializzare il processo di procreazione. Xi Jinping, in un discorso riportato il 30 ottobre, ha detto alle donne di avviare una “nuova tendenza familiare”. Collegando “armonia familiare, armonia sociale, sviluppo nazionale e progresso nazionale”, ha affermato che è necessario “coltivare attivamente una nuova cultura del matrimonio e della maternità e rafforzare l’orientamento sulla visione dei giovani sul matrimonio, il parto e la famiglia”.
Cina: il governo sta valutando la procreazione forzata contro la denatalità
Molti esperti ritengono che la popolazione cinese raggiungerà il picco nei prossimi cinque anni, e che il declino sia proprio dietro l’angolo. Se in passato, le misure di controllo demografico adottate in Cina, hanno contribuito a far uscire la nazione dalla povertà per diventare la seconda economia più grande del mondo, ora le sue stesse misure, minacciano la crescita futura. Con un numero di neonati in diminuzione, la Cina dovrà inevitabilmente affrontare una grande carenza di manodopera tra vent’anni, un fatto dannoso poiché la sua economia rimarrà trainata dal settore manifatturiero nel prossimo futuro. Tuttavia, la crisi demografica solleva anche problemi legati alle pensioni e all’assistenza sanitaria. Inoltre, potrebbe anche avere un impatto sulle catene di approvvigionamento globali e sulle dinamiche commerciali, considerando il ruolo di Pechino come attore economico chiave sulla scena internazionale. Il Partito Comunista, tuttavia, sta prendendo in considerazione politiche coercitive tra cui la procreazione forzata e l’industrializzazione delle nascite. Una situazione che solleva questioni fondamentali sulla governance, sulle libertà individuali e sui limiti etici dell’intervento statale nelle questioni personali. La prospettiva della procreazione forzata e delle nascite industrializzate trasformerebbe la nascita in un processo gestito e controllato dallo Stato, obiettivo che potrebbe essere raggiunto anche attraverso l’utilizzo di tecnologie avanzate per la gestazione e la nascita dei figli, evocando preoccupazioni sulla misura in cui un governo può dettare e controllare le scelte riproduttive dei suoi cittadini.
L’articolo La Cina valuta la procreazione forzata e nascite “industrializzate” contro la denatalità è già apparso su Corriere di Puglia e Lucania.