Del 15 Novembre 2023 alle ore 16:14di Francesca Girardi
C’è un film che mostra come sia possibile seguire i propri sogni, permettere loro di alimentare la voglia di essere “vivi” e non intendo una vita fisica, ma una vita in cui si provano emozioni. Di vita materiale ce n’è anche troppa, quello che manca è la scintilla emotiva che possiamo chiamare passione, partecipazione, motivazione. Eviterei ambizione, perché non è di questo che si tratta, sebbene possa sembrare molto simile. È la spinta che smuove verso progetti i quali, sebbene possano sembrare di difficile realizzazione, in realtà la loro presenza accompagna la quotidianità e non si smette mai di pensare a come poterli concretizzazione.
Diana Nyad, è lei l’ispiratrice di questo pensiero. Una donna la cui storia ho conosciuto indirettamente, grazie all’interpretazione di Annette Carol Bening nel film a lei dedicato.
Una storia vera che racconta il sogno realizzato da Diana Nyad nel 2013: la traversata a nuoto da Cuba alla Florida.
Se già la notevole distanza di 177 km invita a pensare a una vera e propria impresa, l’eccezionalità si incontra anche nell’età anagrafica della nuotatrice. Diana, dai trascorsi di campionessa di nuoto, si è immersa nelle acque libere dell’oceano a 60 anni compiuti. In verità, ci aveva provato la prima volta all’età di trent’anni, ma non aveva raggiunto la Florida e si è permessa, da adulta tenace, di avviare ben altre quattro volte la traversata, trovandosi costretta a nuovi abbandoni per motivi di salute o dettati da condizioni atmosferiche. La tenacia e la voglia di non arrendersi l’hanno spinta a riprovare per la quinta volta, ed è stata la volta buona.
Raggiunto il traguardo dei 60 anni, per Diana nuotare ininterrottamente nell’oceano più di 50 ore non significava mettersi in gioco in una competizione, ma dialogare con sé stessa mentre realizzava il sogno di una vita. Non si trattava di essere giovani o vecchi, ma di sentirsi ancora “frizzanti”, di provare quella scossa di emozioni che per Diana era vitale.
Non voglio raccontare la trama nei dettagli, ma voglio dare luce ai messaggi che ho incontrato in questa pellicola di ca. 120 minuti. Protagonista è la tenacia che non lascia smarriti in schemi sociali per cui, a un certo punto, le persone si siedono e attendono che il loro fuoco si spenga, anziché cercare di tenerlo acceso. La traversata dà a Diana l’occasione per mettersi allo specchio e vedere i propri fantasmi, quindi abbandonarli nelle acque dell’oceano e riemergere con una parte dell’anima rinnovata e più forte.
L’impresa è stata partecipata emotivamente da ogni singolo componente, dal capitano della barca, dall’allenatrice e amica Bonny, dai sub ed esperti che si sono presi cura dei perigli nascosti nelle acque. Ed è sinceramente partecipata perché ognuno di loro ha investito un pezzetto della propria vita per esserci, per condividere quella scossa di energia, e non per seguire un obiettivo che ha il nome di successo o notorietà.
Non è solo una storia, è vita vera il fatto che ognuno di noi deve sempre tenere vivo quel fuoco interno, l’energia che pulsa. E, in questo tener vivo, non si esime l’importanza e il calore che proviene da chi ci sta intorno. Bellissimo e vero è il messaggio finale che Diana grida alle persone che l’hanno attesa sulla bianca spiaggia di Key West: anche in uno sport solitario (come il nuoto), ci vuole un team. In ogni progetto o sogno custodito da un singolo, c’è bisogno del tocco della collettività affinché si possa realizzare. Impagabile è la felicità provata nel non aver mollato, nell’aver cercato di realizzare il proprio sogno, ricordando che “…Prefiggersi un obiettivo e impegnarsi nel perseguirlo spesso è importante tanto quanto il risultato finale. Anche se Diana non fosse riuscita a raggiungere la Florida, la considereremmo ugualmente uno dei più straordinari atleti di ultra-resistenza”, come si legge nell’articolo di National Geographic Italia dell’8 giugno 2023.
foto iStock.jpgL’articolo Incontrare le acque dell’oceano per incontrare un sogno è già apparso su Corriere di Puglia e Lucania.